Ecco le 5 “bischerate” dette da Renzi alla Leopolda. Rischio scissione nel Pd

27 Ott 2014 10:10 - di Luca Maurelli

Il finale di ieri è stato tragicomico, con Matteo Renzi che attaccava i “gufi” nel garage della Leopolda di Firenze e il gufo Fassina che dallo zoo di Roma paventava una scissione del partito mentre sullo sfondo dell’inquadratura una giraffa si aggirava in un gabbia. Una fattoria, il Pd di oggi, più che un partito politico. Il bilancio per Renzi, dopo il fine settimana segnato dalla sfida tra il suo congresso fiorentino e la manifestazione di piazza della Cgil, è solo apparentemente positivo. La stragrande maggioranza del Pd s’è ritrovata sotto il palco della Leopolda a osannare il premier, con l’incubo di elezioni vicine e una poltrona da rimediare; la minoranza ha fatto un salto dalla Cgil per manifestare solidarietà ai lavoratori; qualcun altro, come il capogruppo alla Camera, Roberto Speranza, si è nascosto in una località segreta col suo ex pigmalione Bersani. Effetti collaterali di un fine settimana che ci ha regalato liti tra donne (Bindi-Derracchiani), minacce di scissione (Fassina) e leccate di Leopolda a tutto spiano. Il Pd, oggi, è un partito con le ossa rotte. Matteo, invece, è più forte, nonostante le “bischerate” dette dal palco, almeno cinque, niente male.

1 – «Tranquilli, farà il premier fino al 2023»

Stuzzicato da Fabio Volo, il premier, noto modestone dal profilo basso e sensibile ai richiami all’umiltà di Sant’Agostino, alla domanda su quanto intendesse governare, ha risposto: «Al massimo faccio due mandati. Massimo 2023». Il che significa almeno altri nove anni, vuol dire che a nostra figlia che ha due anni dobbiamo spiegare che quando sarà in terza elementare rischia di dover cantare le canzoncine a Matteo che si introduce in aula, che ancora fa battute da Fabio Fazio, che ancora promette dispetti alla Merkel, nel frattempo in un ospizio bavarese a bere birra e fare rutti. Uno scenario apocalittico, ma la vera domanda è: con quali voti Renzi intende governare fino al 2023? Sempre con quelli di Bersani?

2 – L’ossessione della Merkel

«Io l’ho detto ad Angela, io alle Europee ho preso l’11,3, tu il 10,2, quindi l’Italia non accetta diktat dalla Germania…». Quindi che? Che c’entra il Pd con l’Italia? E soprattutto, quando vedremo finalmente in streaming queste coraggiose sfide che Renzi lancia alla cancelliera tedesca? Finora lo abbiamo visto sorridere, annuire, abbottonarsi male il cappotto. Però in privato, si fa sentire, eh…

3 – Il gettone da infilare nell’I-Phone

Carina la metafora dell’articolo 18 “che è come voler infilare un gettone nell’I-Phone”. Ma qualcuno spiegasse a Renzi che sono pochissimi gli italiani che si possono permettersi l’I-Phone, che sanno cosa sia e che sorridono al paragone del gettone. Anche questo significa avere polso del Paese, anzi, orecchio.

4 – Il ragù di Migliore e la Chiesa di Romano

Era difficile chiedere a un comunista che fino a ieri stava con la Fiom un gesto più umiliante di quello che ha imposto Renzo a Gennaro Migliore. Ma si sa, ogni poltrona ha un prezzo. Per l’ex Sel, il Migliore (figuriamoci gli altri), la mortificazione pubblica di dover disertare la piazza della Cgil e di farsi vedere nelle stesse ore alla Leopolda, in cambio della richiesta di ingresso nel Pd. Sul discorso del Migliore e la metafora del ragù della mamma per giustificare l’addio alla sinistra nostalgica, sorvoliamo. Anche perché dopo di lui Renzi, perfidamente, ha fatto parlare il tecnocrate liberista montiano Andrea Romano, a sua volta a caccia di un posto al sole, che ha citato Jovanotti e “la Chiesa che va da Che Guievara a Madre Teresa…”.

5 – Sciopero e posto fisso: la doccia fredda a sinistra

Dopo lo scivolone del finanziariere amico di Renzi, Davide Serra, che ha cancellato 50 anni di lotte sindacali della sinistra definendo lo sciopero ormai anacronistico, ci ha pensato Renzi a demolire un’altra icona della sinsitra: «Il posto fisso non esiste più». Che è una semplice constatatazione, la scoperta dell’acqua calda. Ma in un congresso del Pd ha lo stesso impatto dell’Ice Bucket che Renzi sperimentò su se stesso.

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