Consiglio dei ministri: nulla di «rivoluzionario». Renzi dedica più tempo al gelato che ai provvedimenti

29 Ago 2014 20:01 - di Redazione

Da Forte dei Marmi il premier aveva annunciato un Consiglio dei ministri «storico». Ma di storico non c’è nulla. E lui, alla fine, si rifugia nell’angolo sui posti di lavoro («non credo si creino per decreto», come se i provvedimenti per incentivarli fossero un’invenzione). Fa una giravolta sulla patata bollente della scuola («il progetto di riforma sarà presentato mercoledì prossimo»). Renzi se le studia tutte per far sembrare una grande rivoluzione il Consiglio dei ministri – durato quasi tre ore – che avrebbe dovuto cambiare l’Italia e che invece sembra sempre la solita solfa. Tanto per non cambiare il premier promette che in futuro farà tante cose, fa capire che le ha scritte tutte sul diario di Palazzo Chigi così da non dimenticarne nessuna, dice che le opere dello “Sblocca Italia” verranno anticipate al 2015 e che il 20 settembre sarà a Baku. Poi tanta propaganda, dal logo dei Millegiorni del governo (“passo dopo passo” accompagnato da una freccia) all’elenco di numeri («4,6 miliardi per cinque investimenti aeroportuali e 3,8 miliardi per opere cantierabili»). Sulla giustizia dà alcune indicazioni: «Il decreto sul civile per ridurre l’arretrato è una rivoluzione: alla fine dei mille giorni avremo tempi certi, c’è la responsabilità civile dei magistrati: chi sbaglia paga, zrrivano le norme su autoriciclaggio e falso in bilancio e una delega sulle intercettazioni». Ma tutto questo va valutato negli atti, quando è messo nero su bianco.  Ma la cosa che gli interessa di più è rispondere all’ironia dell’Economist, che evidentemente l’ha ferito nell’orgoglio, perché lui si sente già un intoccabile: «Abbiamo deciso di ironizzare e scherzare sulla copertina dell’Economist. Ho letto commenti a mio avviso fuori scala. Con una battuta ho voluto dimostrare che rispetto ai pregiudizi che l’Italia suscita dobbiamo dimostrare la realtà: il gelato artigianale è buono, non ci offendiamo per critiche perchè facciamo un lavoro serio».

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