Grillo-Renzi, rissa on-line: «Napolitano regista di un colpo di Stato». La replica: «Il tuo è un colpo di sole»

25 Lug 2014 13:41 - di Redazione

Ne invoca le dimissioni, parla di colpo di Stato, lo paragona a Mussolini. All’indomani del sit in davanti al Colle di un centinaio di parlamentari, fra i quali molti cinquestelle, Beppe Grillo torna ad attaccare Giorgio Napolitano. E ne scaturisce un botta e risposta a mezzo social con il premier Matteo Renzi. «Si chiama colpo di Stato. Mussolini ebbe più pudore, non lo chiamò “riforme”. Il regista di questo scempio è Napolitano che dovrebbe almeno per pudore istituzionale dimettersi subito e con il quale le forze democratiche non dovrebbero avere più alcun rapporto», si legge in un post sul blog del leader pentastellato, intitolato “Aridatece er puzzone” e introdotto da una foto di Benito Mussolini. L’intervento di Grillo ribalta completamente l’ottica del giorno precedente, quando il M5s, insieme alle altre forze di opposizione, si era appellato a Napolitano perché intervenisse dopo il contingentamento dei tempi, riconoscendone di fatto il ruolo di garante della Costituzione. «Il M5S non terrà d’ora in poi alcun contatto con un uomo che ha abdicato al suo ruolo di garante della Costituzione. Si spera che anche altre forze politiche si associno e lo isolino prima che sia troppo tardi, prima del buio a mezzogiorno», ha scritto ancora l’ex comico, rilanciando le elezioni come «via d’uscita da questa situazione». Ma quello intorno al voto è, ormai, un gioco al rilancio fra lui e il premier. Grillo scrive sul blog che «la minaccia di Renzie di nuove elezioni è una pistola scarica e lui lo sa», Renzi risponde via Twitter che «dopo 4 voti in Parlamento, faremo un referendum. Perché le opposizioni urlano? Di cosa hanno paura? Del voto degli italiani?». «Dice Grillo che il nostro è un colpo di stato. Caro Beppe: si dice sole. Il tuo è un colpo di sole!», ha cinguettato ancora il premier, lasciando capire che lo show andrà avanti. Con buona pace delle pessime previsioni economiche, che costringono il governo a rivedere al ribasso le già non esaltanti stime sulla crescita.

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