Un’altra entrata a gamba tesa dei giudici: via libera alla fecondazione eterologa. Ma il Parlamento conta ancora?
Il divieto di fecondazione eterologa è incostituzionale. La Corte costituzionale, dopo aver affrontato la questione della conservazione degli embrioni, della diagnosi preimpianto e del numero di embrioni da impiantare nell’utero materno, è tornata a pronunciarsi sulla legge 40 che regola la procreazione medicalmente assistita con una sentenza che è destinata ad aprire nuovi scenari in Italia.La Corte ha dichiarato l’illegittimità della norma della legge 40 che vieta il ricorso a un donatore esterno di ovuli o spermatozoi nei casi di infertilità assoluta e ha quindi bocciato gli articoli 4, comma 3, 9, commi 1 e 3 e 12, comma 1, della legge 40 che prevedevano il divieto assoluto di fecondazione attraverso donatori esterni e sanzioni per i medici che la avessero praticata. Il dubbio di legittimità costituzionale era stato sollevato dai tribunali di Milano, Firenze e Catania. Nel dettaglio con la decisione presa oggi cade innanzitutto il divieto di fecondazione assistita eterologa, previsto dall’articolo 4 comma 3 della legge, che riportava: «È vietato il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo». Cadono anche, di conseguenza, i due incisi che recitano entrambi «in violazione del divieto di cui all’articolo 4, comma 3», cioè del divieto di eterologa, previsti nei commi 1 e 9 dell’articolo 9, che resta ovviamente immutato per le altre parti e per i suoi contenuti, compreso il divieto di disconoscimento di paternità in caso di eterologa. Incostituzionale, infine, anche l’articolo 12 comma 1 sulle sanzioni: «Chiunque a qualsiasi titolo utilizza a fini procreativi gameti di soggetti estranei alla coppia richiedente, in violazione di quanto previsto dall’articolo 4, comma 3, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300mila a 600mila euro». In dieci anni la legge 40 che regola la procreazione medicalmente assistita in Italia ha già visto per ventottotto volte l’intervento dei tribunali (con oltre 20 bocciature) e la “riscrittura” di alcune sue parti con sentenza della Corte costituzionale. Soddisfatti gli avvocati Filomena Gallo e Gianni Baldini, rispettivamente legale dell’associazione e della coppia che ha fatto ricorso al tribunale di Firenze: con la decisione cade «un divieto anacronistico che penalizza e discrimina proprio coloro che presentano forme di sterilità assoluta, non consente di realizzare il progetto genitoriale e di famiglia di tante coppie, impedisce l’esercizio di un diritto alla procreazione cosciente e responsabile come sancito in leggi nazionali e dichiarazioni internazionali. L’eliminazione del divieto di fecondazione eterologa consente finalmente all’Italia di evitare d’ora innanzi vergognosi fenomeni di turismo procreativo come accade oggi, e nel contempo permette ai propri cittadini in piena sicurezza e senza discriminazioni (spesso basate sul censo), di realizzare il proprio progetto genitoriale in condizioni di massima sicurezza». Una decisione attesa da tantissime coppie ma che apre subito un nuovo fronte di polemiche. Esultano Pd e l’associazione Luca Coscioni. Cauta il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin: «L’introduzione della fecondazione eterologa nel nostro ordinamento è un evento complesso che difficilmente potrà essere attuato solo mediante decreti. Alla luce delle motivazioni della Consulta, al più presto comunicheremo la “road map” per l’attuazione della sentenza». In merito all’introduzione della fecondazione eterologa, ha sottolineato Lorenzin «ci sono alcuni aspetti estremamente delicati che non coinvolgono solamente la procedura medica ma anche problematiche più ampie, come ad esempio l’anonimato o meno di chi cede i propri gameti alla coppia, e il diritto a conoscere le proprie origini e la rete parentale più prossima da parte dei nati con queste procedure». Sono questioni, ha concluso il ministro, «che non si può pensare di regolare con un atto di tipo amministrativo, ma necessitano una condivisione più ampia, di tipo parlamentare».