Voleva commemorare Tienanmen: 18 mesi di prigione. Secondo Pechino «incitava alla sovversione»
Mentre Michelle Obama e le figlie sono in Cina e Barack parla di commercio col presidente Xi Jinping all’Aja, un cittadino cinese che aveva chiesto l’autorizzazione a commemorare il massacro del 1989 di piazza Tiananmen è stato condannato a 18 mesi di prigione da un tribunale di Changshu (Cina orientale). Gu Yimin è stato giudicato colpevole di “incitamento alla sovversione”, ha riferito il suo avvocato Liu Weiguo. L’avvocato ha denunciato di essere stato aggredito nei pressi del tribunale da uomini in borghese che ritiene siano agenti di pubblica sicurezza. Liu ha precisato che Gu ha respinto le accuse e che ritiene di non aver commesso alcuna azione illegale. Come si ricorderà, centinaia di persone furono uccise nella notte tre il 3 e il 4 giugno del 1989 dai soldati dell’ Esercito di Liberazione Popolare intervenuti per sgombrare piazza Tiananmen, nel centro di Pechino. la piazza era stata occupata per due mesi dagli studenti che reclamavano la democrazia. Centinaia di cittadini cercarono di impedire ai carri armati dell’ esercito di raggiungere la piazza e si ritiene che molti di loro siano fra le vittime. Eppure, come si accennava, «un nuovo modello nelle relazioni» tra Usa e Cina è stato evocato dal presidente Barack Obama nell’incontro bilaterale col presidente cinese Xi Jinping nella residenza dell’ambasciatore americano all’Aja prima dell’inizio dei lavori del vertice sulla sicurezza nucleare. Il rapporto tra i due Paesi, ha affermato Obama, è abbastanza solido da poter «lavorare insieme, al di là delle frizioni sui diritti umani in modo costruttivo». C’è però qualcuno che ancora considera Pechino per quello che è, una spietata dittatura: è infatti sfociata in violenze, con la sede del governo sgombrata a viva forza dalla polizia, la clamorosa protesta degli studenti di Taiwan, che da sei giorni occupano il Parlamento contro il presidente Ma Ying-jeou, deciso a far approvare a tappe forzate un trattato di libero commercio con gli ex “nemici rossi” della Repubblica Popolare Cinese. Domenica gli studenti hanno esteso la loro protesta alla sede del governo e, poco dopo la mezzanotte locale, la polizia è intervenuta con idranti e manganelli. Bilancio dell’operazione 150 studenti feriti e 60 fermati. Gli studenti protestano contro la decisione del presidente Ma, rieletto due anni fa per il suo secondo mandato, di far approvare in questa legislatura l’intero pacchetto del trattato di libero commercio con la Cina, infrangendo la promessa di votarlo articolo per articolo. I giovani temono che un ulteriore riavvicinamento economico con Pechino potrebbe compromettere l’indipendenza di fatto dell’isola, che dura dal 1949, dopo che le truppe nazionaliste di Chiang Kai-shek, sconfitte dai comunisti di Mao Tse Tung, ripararono sull’isola. Le cose negli anni sono cambiate, e le due Cine si sono riavvicinate. Ma tra le migliaia di persone che sostengono gli studenti, con manifestazioni in tutta l’isola, si avverte il timore che l’avvicinamento sia stato troppo rapido. E che l’influenza cinese possa mettere a repentaglio il futuro della democrazia di Taipei.