Sequestrata la centrale Tirreno Power. I magistrati: l’azienda è stata negligente
«C’è un nesso tra decessi ed emissioni di carbone». La magistratura di Savona ha posto sotto sequestro la centrale elettrica Tirreno Power di Vado ligure e ha decretato lo spegnimento delle due unità produttive incriminate, quelle alimentate a carbone. Martedì sera dalla procura della città ligure é filtrata la notizia che è salito a cinque il numero degli indagati mentre l’azienda ha fatto sapere che intende continuare ad operare nel rispetto della legge. Sulla decisione di porre sotto sequestro l’impianto, le organizzazioni ambientaliste hanno cantato vittoria. I verdi hanno chiesto l’avvio di una commissione d’inchiesta sulle centrali a carbone in Italia, ma i sindacati hanno espresso preoccupazione per le ricadute occupazionali chiedendo un vertice urgente in prefettura con i vertici degli enti locali e l’azienda. E già si fa il parallelo fra la centrale nella cittadina ligure e l’Ilva di Taranto dove il prezzo dei guasti ambientali e i danni alla salute dei cittadini si sono intrecciati con le preoccupazioni per il destino degli operai. Il gip Fiorenza Giorgi ha sostanzialmente accolto l’impianto accusatorio della procura di Savona secondo il quale la centrale non ha rispettato alcuni limiti di emissioni imposti dall’Aia (Autorizzazione integrata ambientale), continuando a inquinare, ma soprattutto ha messo in correlazione con un nesso di causalità, le emissioni, le morti e le patologie. Secondo la procura di Savona, i fumi della centrale hanno causato 442 morti tra il 2000 e il 2007. Per il procuratore Francantonio Granero la centrale avrebbe causato anche «tra i 1700 e i 2000 ricoveri di adulti per malattie respiratorie e cardiovascolari e 450 bambini sarebbero stati ricoverati per patologie respiratorie e attacchi d’asma tra il 2005 e il 2012». Sono due i filoni di indagine sui quali da mesi sta indagando la procura di Savona: una per disastro ambientale doloso e una per omicidio colposo. Gli indagati per disastro ambientale erano finora Giovanni Gosio ex direttore generale e il direttore dello stabilimento Pasquale D’Elia. Fra le motivazioni addotte dal gip per il sequestro della centrale c’è stato un «comportamento negligente» dell’azienda e «dati sulle emissioni provenienti dalle centraline sono inattendibili». In particolare il giudice accusa la Tirreno Power di non avere installato entro i termini previsti e cioè settembre 2013, la centralina del Sistema di Monitoraggio delle Emissioni, la cosiddetta “Sme” che doveva controllare i limiti di inquinamento imposti dall’Aia. La procura di Savona ha fatto sapere che Tirreno Power deve adeguare l’impianto adottando la moderna tecnologia che consente un’abbattimento delle emissioni nocive. Anche perché, hanno accusato i magistrati, quanto fatto finora alla centrale è equivalente agli specchietti per le allodole. Il gip Fiorenza Giorgi spiega nell’ordinanza che la centrale potrà quindi ripartire dopo che si sarà messa in regola introducendo tecnologie adeguate. Negli anni la società ha manifestato l’intenzione di mettersi in regola, ma ciò non è stato fatto, hanno rincarato. Dopo la magistratura la parola dovrebbe passare alla politica. I sindacati già sollecitano la discesa in campo dei ministeri competenti.