Il caos si riflette anche nel linguaggio: i grillini sono i fascisti o i nuovi partigiani?

30 Gen 2014 20:47 - di

È caos istituzionale: c’è una richiesta di impeachment contro il presidente della Repubblica, c’è un Parlamento assediato dai continui blitz dei grillini, c’è una presidente della Camera che si blinda nelle sue stanze. Una babele che si riflette nel lessico rissoso, stizzito e offensivo che circola tra i banchi di Montecitorio e nei comunicati stampa. Con una singolare inversione di significati: mentre tutti danno addosso ai grillini, chiamandoli “fascisti” e loro replicano asserendo che i “fascisti” sono tutti gli altri, i nemici, gli imbavagliatori, gli strozzatori del dibattito, il leader Beppe Grillo tenta di cucirsi addosso la stelletta del nuovo partigiano: siamo noi la nuova resistenza. In realtà il fascismo non c’entra nulla: siamo solo dinanzi a una fase molto critica e delicata dello scontro tra i partiti che si riflette nelle aule parlamentari. A fianco del metodo della mediazione (collaudato con il colloquio Renzi-Berlusconi) si pone (e si contrappone) quello della teatralità delle opposizioni. Una “drammatizzazione” necessaria ai grillini per evitare di restare tagliati fuori dal tavolo delle nuove regole. Non c’entra nulla il fascismo e neanche c’entra qualcosa la resistenza. Anzi, il richiamo insistito al vocabolario novecentesco nasconde il tentativo di conferire dignità politica a una dinamica fisiologica in tutte le democrazie: l’opposizione fa il suo mestiere e la maggioranza segue la sua strada. Se c’è qualcosa di patologico in questa dialettica esso va rintracciato semmai nelle cadute di stile (il deputato grillino che offende le elette del Pd con allusioni volgari e fuori luogo), nelle zuffe interminabili ad uso delle telecamere, nell’incapacità di trovare il momento del dialogo accanto a quello della contrapposizione. Quando Grillo dice ai suoi che sono “meravigliosi guerrieri” esagera sapendo di esagerare. Come esagera il Pd evocando lo spettro di una dittatura fascista alle porte. E per questo teatrino la colonna sonora giusta non è Bella ciao, ma la canzone di Elio e le Storie Tese, La terra dei cachi.

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