Domani “rinasce” An? Un’operazione che parte in salita e con molti nodi da sciogliere tra cui quello del simbolo
L’appuntamento è per domani alle 15. Hotel Parco dei Principi, zona Parioli (un tempo una delle più “nere” della Capitale). Scopo: rimettere in campo Alleanza nazionale. A credere nel progetto Francesco Storace, Adriana Poli Bortone, Domenico Nania e Roberto Menia, che porta in dote al rassemblement vagamente “nostalgico” ciò che rimane di Fli (tra cui il gruppo, abbastanza radicato, dei tatarelliani pugliesi). Si unisce anche Luca Romagnoli con la sua “piccola” Fiamma tricolore. Ma si può dire davvero che questi saranno i soggetti della rifondazione di An? Difficile, perché i beni del partito e il simbolo sono custoditi dalla Fondazione An, il cui presidente Franco Mugnai non sembra intenzionato a farsi scavalcare. Ovviamente sa che la situazione è ingarbugliata e che la Fondazione non può prendere parte, vista la sua missione “ecumenica”: “Penso che tutto ciò che riguarda An – dice – in tutte le sue implicazioni debba necessariamente prevedere un positivo modo di porsi nei confronti della Fondazione che è An. Allo stato, vedo che la strada seguita è stata un’altra”. Tradotto, in pratica, significa che il simbolo è nella disponibilità della Fondazione.
Francesco Storace, sul suo giornale, già anticipa i temi di quella che per lui, senza alcun dubbio, sarà la nuova An: “Affermare il diritto a non essere considerati stranieri in casa nostra”. Insomma intransigenza con gli immigrati clandestini sul modello della destra lepenista che Storace, un passato da almirantiano doc, conosce molto bene. Anche se, nell’ispirarsi a Marine Le Pen, la futura An o come si chiamerà dovrà vedersela con Fratelli d’Italia, che ha fatto del tema della sovranità nazionale, anche alle nostre frontiere, un proprio cavallo di battaglia. Che tra la nuova An e Fratelli d’Italia ci sarà guerra aperta per conquistarsi i voti degli elettori di destra è una scommessa che fa Tomaso Staiti di Cuddia, intervistato dal Corriere, il quale si dice anche sicuro che Gianfranco Fini, alla fine, si riavvicinerà a Storace e al suo cartello elettorale.
Sul palco della manifestazione, domani, ci sarà anche Adriana Poli Bortone, leader di Io Sud: “Se rinasce An? E certo che rinasce. C’è una gran voglia di ritrovarsi sotto quel simbolo che impropriamente è stato congelato. Una voglia che non si può fermare”. E da Roberto Menia arriverà una “mozione degli affetti”: “Mai la destra è stata così inconsistente e inutile. Bisogna ridare una casa agli esuli della destra italiana. Io mi chiedo: servono alla destra dieci sigle? Si può tornare in una casa comune? Si può ripartire da ciò che ci unisce?”.
Quello che non è chiaro è il destino delle sigle esistenti: che ne sarà de La Destra e di Fli? Sono sigle “in sonno”, messe a disposizione di un progetto che i promotori sperano più ampio. E Fini avrà un ruolo oppure no? La domanda, per ora, viene aggirata. Non si nega e non si esclude, o si esclude blandamente. Ma il vero punto dolente di tutta l’operazione riguarda l’appeal che può avere un progetto del genere rispetto a un elettorato disilluso e disorientato. Ripartire da ciò che ci unisce, dicono Storace, Menia, Nania e Poli Bortone. Eppure, forse, bisognerebbe anche dire qualcosa sugli errori fatti, che hanno portato alla distruzione della casa comune oggi tanto invocata. Un passaggio non indolore, ma ineludibile.