Leggi speciali per fermare la violenza sul web? No, già esistono e basta solo applicarle

4 Mag 2013 16:48 - di Renato Berio

Che si fa quando un personaggio pubblico diventa vittima del livore che sul web scorre a fiumi? Il dibattito torna d’attualità in queste ore dopo la denuncia della presidente della Camera Laura Boldrini che ha denunciato il linciaggio di cui è stata oggetto sulla rete. Un caso, il suo, tutt’altro che isolato. L’ex ministro Elsa Fornero, particolarmente impopolare per le sue riforme rigoriste, racconta di essere stata anche lei oggetto di attacchi violenti. “Erano – afferma – slegati da ogni pretesto, venivano lanciati solo perché il web è uno strumento veloce, immediato. È un catalizzatore assoluto di violenza”. Le fa eco Maurizio Gasparri, senatore del Pdl, anche lui finito nel mirino degli agitatori da tastiera: “È giusto non sottovalutare le campagne di odio e di minacce sul web. Vanno contrastate con decisione usando le leggi e le tecniche che ci sono. La Boldrini ha ragione a indignarsi ma scopre un problema grande solo ora che ne diventa vittima. Le farò avere una selezione di minacce via web che anche in questi giorni, come in passato e come molti altri, ho ricevuto insieme a tanti apprezzamenti”.

Sì ma come procedere dinanzi a questi abusi, a questo dilagare di verbosità violenta e minacciosa? Utilizzando le leggi esistenti o formulandone di nuove? Secondo Antonio Palmieri, responsabile internet del Pdl, “non servono leggi speciali, ci sono già le leggi ordinarie che disciplinano i reati”. E aggiunge: “Non è che una minaccia o un insulto fatti con un mezzo piuttosto che con un altro non valgano, valgono tutti come reati allo stesso modo: si tratta di perseguire i reati quando solo tali, saper distinguere il fatto che tanti prendono internet come una licenza per esprimersi come ci si esprime allo stadio, sapere che abbiamo, tra Polizia postale e Guardia di Finanza due corpi tra i migliori al mondo nel reprimere i crimini on line e quindi affidarci a loro e semmai dare a loro più strumenti per agire”. E ricorda, ancora, che tale levata di scudi non si è vista quando a essere ricoperti di insulti erano Berlusconi e Alfano.

Sul tema interviene infine anche Stefano Rodotà, in qualità di ex presidente dell’Autorità per la privacy. Anche secondo Rodotà non c’è bisogno di leggi speciali: “Internet non è un far west. Le leggi, che puniscono i reati virtuali allo stesso modo di quelli fisici, ci sono già. Al massimo possiamo fare una ricognizione per verificare che siano coperte tutte le fattispecie”. E conclude: “Quando la magistratura ritiene di dover rimuovere un contenuto diffamante deve poter contare su una struttura tecnica in grado di farlo in tempo reale, risalendo con certezza all’autore. Questa non è censura o controllo. È rispetto della legge”.

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