Ingroia ammette l’uso politico delle intercettazioni
“Sì, è vero stato fatto un uso politico delle intercettazioni, ma questo è stato l’effetto relativo, la causa è che non si è mai fatta pulizia nel mondo della politica”. L’ammissione sull’uso distorto delle intercettazioni arriva dall’ex procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, ora leader di Rivoluzione civile, questa mattina a Omnibus su La7. “Se fosse stata fatta pulizia, non ci sarebbero state inchieste così clamorose e non ci sarebbe state intercettazioni utilizzate per uso politico”, ha spiegato. Una spiegazione francamente assurda perché lo strumento d’indagine serve a perseguire un reato e non a fare pulizia nei partiti, compito che spetta appunto alla politica cui la magistratura vorrebbe sostituirsi.
E in merito alla legge sulle intercettazioni, Ingroia ribadisce che Rivoluzione civile è “contraria a qualsiasi legge bavaglio e lo era sia a quella proposta dal ministro della
Giustizia Mastella, sia a quella proposta da Alfano, che era certamente peggiore. L’ultimissima versione che si stava discutendo in Commissione giustizia dopo l’intervento dell’onorevole Buongiorno di Fli – ha precisato Ingroia – era
proposta che salvava il salvabile e poteva essere una piattaforma su cui si poteva ragionare, ma l’importante è salvare il diritto alla libertà d’informazione dei cittadini,
naturalmente in relazione solo alle intercettazioni che non siano irrilevanti e che non violino il segreto investigativo e che siano di interesse pubblico”.
“Quando Antonio Ingroia ammette l’uso politico delle intercettazioni – ha commentato Daniele Capezzone del Pdl – mette una pietra tombale sul suo lavoro, e ‘confessa’ il taglio politico della sua opera. Oggi tutti comprendono l’animus con cui ha operato: se lo dice lui…”.