Quell’eroe dimenticato che fu impiccato a Malta

28 Nov 2012 0:01 - di

Esattamente settanta anni fa, il 28 novembre 1942, veniva impiccato a Malta Carmelo Borg Pisani, maltese di sentimenti italiani, sottocapomanipolo della Milmart, la specialità di artiglieria marittima della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale. Quel giovane soldato, maltese di nascita e, come tale, suddito britannico, era tuttavia di profondi sentimenti italiani ed aveva speso tutta la sua giovane vita per un solo ideale: vedere la sua Malta “resa all’Italia”. Un irredento, quindi, come lo erano stati Sauro, Filzi, Chiesa e Battisti ma, mentre per costoro rimane perenne memoria del loro sacrificio, sono davvero pochi coloro che conoscono la vicenda di Carmelo Borg Pisani e quelle di tanti altri maltesi (ma anche corsi), che ritenevano che il destino della loro terra non potesse che essere legato all’Italia per via di secolari vincoli storici, geografici e linguistici. Eppure Carmelo Borg Pisani è una Medaglia d’Oro al valor militare, concessagli dal sovrano non appena si seppe del suo sacrificio, e la Marina, che aveva la Milmart alle dipendenze operative, giustamente lo elenca tra il proprio personale decorato della massima onorificenza al valore, così come ha sempre considerato nei propri ranghi un altro ufficiale proveniente dalla ilmart, la Medaglia d’Oro Luigi Ferraro, dei “Gamma” della X Flottiglia Mas. Ma questo eroe ha pagato lo scotto di aver combattuto in una guerra perduta, con la necessità, negli anni successivi, di non poterne ricordare adeguatamente la figura visto che per gli inglesi, e per moltissimi maltesi, restava pur sempre un traditore che aveva combattuto per il nemico e, per quel nemico, aveva accettato di svolgere una attività di spionaggio sulla propria terra. Ma come è avvenuto tutto ciò?
Carmelo Borg Pisani era nato a Malta il 10 agosto 1915 ed aveva sempre studiato nelle scuole italiane dell’isola, che il governo fascista cercava di difendere dall’opera degli inglesi che tentavano, con grande determinazione e riuscendovi nel 1934, di sostituire con il maltese la lingua italiana, da sempre diffusissima se non preminente in alcuni settori chiave della vita locale. Era un ottimo sportivo ma anche un giovane dotato di un elevato spirito artistico tanto da iscriversi alla Scuola di belle arti; frequentando poi le organizzazioni giovanili del Fascio di Malta aveva avuto modo di visitare l’Italia e chiedere al nostro ministero degli Esteri, nel 1936, una borsa di studio che gli consentisse di frequentare l’Accademia di Belle Arti di Roma, cosa che gli veniva concessa, così da intraprendere quegli studi con profitto.
Ma intanto la Storia stava portando l’Italia ed il mondo intero verso un nuovo conflitto mondiale e Carmelo era combattuto tra il desiderio di rientrare a Malta, presso la sua famiglia, ed il restare in Italia per servirla in quanto sentita come la Grande Madre alla quale anelava venisse riunita la propria terra. Fu quest’ultima la scelta che aveva prevalso ma egli si spingeva ben oltre e, pur non essendo fisicamente idoneo al servizio militare, per via di una forte miopia, riusciva egualmente ad arruolarsi in un reparto della Milizia aggregato al reggimento San Marco, prendendo parte, con esso, all’occupazione delle isole Jonie. Nel settembre del 1941, infine, veniva inviato a frequentare la Scuola Ufficiali della Milmart, a Messina, dalla quale usciva, al termine del corso, con il grado di sottocapomanipolo (sottotenente) passando poco tempo dopo a disposizione del Sis, il Servizio segreto della Marina, per incarichi speciali. Era il periodo in cui, con colpevole ritardo, si pensava di dare finalmente corso ad una operazione militare che potesse portare all’occupazione di Malta, vera spina nel fianco dell’Asse soprattutto per quello che riguardava la minaccia ai convogli di rifornimenti per le truppe operanti in Africa settentrionale. Si approntavano così unità paracadutiste e da sbarco delle varie forze armate: la divisione “Folgore” del Regio Esercito, il reggimento San Marco ed il battaglione paracadutisti della Regia Marina, il battaglione paracadutisti ed il battaglione “Riattatori” della Regia Aeronautica ed i battaglioni da sbarco della Milizia; ed anche i Servizi informativi, dal canto loro, predisponevano personale di origine maltese, presente in Italia, per impiegarlo in vario modo nella prevista operazione.
Il Sie (Servizio Informazioni dell’Esercito) costituiva a Soriano nel Cimino, nei pressi di Viterbo, un centro “G” (dove G stava per “guide”) ove si addestravano alcune decine di maltesi destinati appunto a guidare le prime ondate di sbarco e di aviosbarco sull’isola. A sua volta il Sis della Marina, conscio del fatto che sull’isola non si era per tempo provveduto a predisporre una adeguata rete informativa, organizzava la missione di un proprio operatore che, munito di apparato ricetrasmittente, avrebbe dovuto informare Roma della situazione militare e generale dell’isola, soprattutto a ridosso dell’attacco. Per l’operazione veniva prescelto proprio Carmelo Borg Pisani.
Col senno di poi appare davvero velleitario immaginare che una persona che, per le sue idee irredentiste, era ben nota al controspionaggio locale, potesse rientrare in piena guerra nell’isola e far passare inosservata la propria azione, tanto più che tutta la componente maltese filo-italiana era stata tempestivamente arrestata dagli inglesi ed internata in Uganda. Neppure si è mai potuto accertare con sicurezza se l’invio in missione di Carmelo Borg Pisani sia stato frutto di una offerta spontanea del giovane o se essa sia stata progettata dai Servizi, dagli Stati Maggiori o da qualcuno del ministero degli Esteri.
Fatto sta che il Sis provvedeva ad addestrare Carmelo all’impiego dell’apparato ricetrasmittente, alle specifiche tecniche operative ed alla scalata di pareti rocciose che caratterizzavano in gran parte la morfologia dell’isola e costituivano le uniche zone dove una infiltrazione occulta avrebbe potuto aver luogo con successo. La notte sul 18 maggio del 1942 due piccoli mezzi d’assalto della Decima, gli Mtsm 214 (con a bordo Caio Borghi, il nome di copertura assunto da Carmelo) ed il 218 (con a bordo il sottocapo palombaro Giuseppe Guglielmo), scortati dalla torpediniera “Abba” e da due Mas, si avvicinavano alle coste maltesi. Il compito di Guglielmo era di controllare una zona orientale dell’isola, nei pressi di Marsa Scala, per verificarvi le postazioni difensive nella previsione di uno sbarco in area delle unità italiane; purtroppo Guglielmo, sceso a terra per meglio ricognire l’area ed allontanatosi eccessivamente dal punto di sbarco, una volta tornato in acqua non riusciva più a trovare il mezzo avvicinatore il quale, pur avendolo atteso ben oltre il tempo limite stabilito, doveva far ritorno alla base senza di lui. Il sottocapo Guglielmo, tornato ancora una volta a terra, veniva quindi individuato da elementi locali e consegnato alla polizia per poi essere avviato alla prigionia di guerra. A sua volta il mezzo su cui era imbarcato Caio Borghi giungeva, verso l’1,30 di notte, nella zona di Ras i Dwara, sulla costa occidentale dell’isola, caratterizzata da alte pareti rocciose. Messo a mare il battellino con a bordo tutti i materiali necessari alla missione, Carmelo si era avvicinato alla costa ed agli uomini dell’Mtsm, rimasto a poche centinaia di metri al largo, parve che la presa di terra fosse avvenuta senza inconvenienti, tanto più che l’operatore aveva inviato il segnale concordato per dare certezza dell’avvenuto sbarco. A quel punto il mezzo avvicinatore era rientrato regolarmente alla base assieme alle altre unità; ora ai responsabili dell’operazione non restava che attendere la prima trasmissione radio di Caio Borghi, ma questo segnale non arriverà mai.
Il punto di sbarco non era stato dei più felici, non si sa se per un errore di navigazione o per una errata valutazione dell’area in fase di pianificazione. E’ un fatto che Carmelo era sbarcato sotto una parete a strapiombo di qualche centinaio di metri; con enorme fatica era riuscito a trasportare i contenitori dei materiali in una grotta dove lui stesso aveva trovato rifugio. Nel frattempo il mare era fortemente aumentato tanto da raggiungere la stessa grotta e strappargli via via tutti i materiali; senza più speranza di poter portare a termine l’operazione Carmelo decideva infine, dopo due giorni trascorsi in quella situazione, di richiamare l’attenzione di qualcuno. Finalmente individuato, veniva recuperato, non senza difficoltà, dall’equipaggio di una imbarcazione della Raf, forse anche perché scambiato per un pilota dell’Asse abbattuto nel corso dei frequenti bombardamenti dell’isola. Trasportato in ospedale, la sfortuna gli si accaniva ancora una volta contro poiché a visitarlo trovava il capitano medico Tom Warrington, anche lui maltese, di poco più grande di lui e con il quale aveva condiviso alcuni anni dell’infanzia abitando, i due, nella stessa strada di Senglea.
Il destino di Carmelo Borg Pisani era segnato: Warrington, ufficiale dell’Esercito di Sua Maestà, non poteva fare altro che denunciare ai superiori che Caio Borghi era, in realtà, un maltese filo-italiano che lui conosceva bene. Iniziavano così lunghi interrogatori da parte dell’intelligence e seguivano lunghissimi mesi di prigionia prima del processo, sino a che, il 19 novembre 1942, la Corte Criminale non lo riteneva colpevole di aver cospirato per unire Malta all’Italia, aver preso parte ad operazioni di guerra per conto di uno Stato nemico e, infine, essere sbarcato sull’isola per svolgervi azioni di spionaggio.
Il 28 novembre 1942, alle 7.30 del mattino, quando ormai la prevista occupazione di Malta era stata definitivamente accantonata, Carmelo Borg Pisani saliva sul patibolo ed affrontava con grande coraggio la morte, e ciò a detta di tutti coloro che erano presenti all’esecuzione; l’estremo sacrificio della vita per una causa che, sfortunatamente, non vedeva avverarsi. Il successivo 4 maggio 1943 Vittorio Emanuele III gli concedeva “motu proprio” la Medaglia d’Oro al valor militare e la Marina, da allora, lo annovera tra i propri uomini più valorosi, i decorati della massima onorificenza al valore militare.
Eppure a Carmelo Borg Pisani dobbiamo tutti ancora molto: egli infatti è tuttora sepolto in un angolo del carcere di Corradino, accanto a giustiziati per gravissimi reati comuni. Numerosissime sono state, nel tempo, le interrogazioni parlamentari volte ad ottenere che la sua salma venisse traslata in Italia o fosse almeno spostata da un terreno che ospita ben altro tipo di condannati alla pena capitale. Chi scrive ne parlò anche con l’allora presidente Cossiga, sensibile a queste vicende: non fu possibile, nel passato, per varie ragioni, e si disse anche che Carmelo fosse stato tumulato in una fossa comune e quindi non sarebbe più identificabile il suo corpo. Ma, di fronte a tanto interessamento da parte di ambienti politici, militari, e di privati cittadini sia italiani che maltesi, di fronte anche a concilianti dichiarazioni espresse nel tempo da uomini delle istituzioni dell’isola, sino ai più alti livelli, a distanza di settant’anni dalla sua fine, si può pensare che qualcosa di nuovo può essere ora esperito per onorarne il sacrificio e gli ideali. La Marina Militare per prima, curandone la memoria, dovrebbe ancora una volta tentare di recuperarne le spoglie e, se davvero non più possibile ricordarlo degnamente per quanto detto, intitolandogli una caserma o dando il suo nome ad una nave. Siamo certi che anche le autorità maltesi, ora con noi in Europa, comprenderebbero.

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