Negli Usa criticare il presidente si può. Lì non c’è chi ti fa la morale
Prova a dire in Italia, scherzando, che hai una voglia matta di dare un pugno al presidente della Repubblica. Scoppia l’inferno. Prova ad avanzare una piccola critica a Napolitano, sei messo all’indice dalla “grande” stampa e dalle schiere infinite dei “politicamente corretti”. In America si può e non c’è scandalo. Due prove. La prima: Clint Eastwood è sceso di nuovo in campo a fianco di Mitt Romney e dopo la performance con la sedia vuota alla convention repubblicana di Tampa, l’attore-regista ha prestato la voce a uno spot televisivo che attacca Obama sull’economia. «Negli ultimi quattro anni l’America è stata messa a tappeto. Ben 23 milioni di persone non riescono a trovare un lavoro a tempo pieno e ogni giorno prendiamo a prestito 4 milioni di dollari, soprattutto dalla Cina. Se qualcuno non fa bene il suo lavoro deve renderne conto. Un secondo mandato di Obama sarebbe una ripetizione del primo e il nostro paese non può sopravvivere a ciò». Un attacco durissimo al presidente della Repubblica stelle e strisce. Seconda prova. Dopo aver detto di voler dare un pugno ad Obama per aver chiamato bugiardo il padre, Tagg Romney – il primogenito del candidato repubblicano alla Casa Bianca – si è scusato: «Stavo solo scherzando». E Obama ha accettato le scuse. Basta un po’ di criterio e si risolve tutto. In America, come detto, c’è diritto di critica anche per le divinità dell’Olimpo politico. Da noi no. Forse perché qui ci sono quelli che ti fanno la morale, ti dicono cos’è giusto e cosa non è giusto, cosa devi fare e cosa non devi fare per non cadere nel peccato. Qualche nome? Casini, la Bindi, Bersani, Buttiglione, tanto per citare alcuni esempi. Buonisti (solo nei riguardi di qualcuno), censori (degli altri). Poi ci sono Monti e Napolitano. Ma qui siamo in altra categoria. Quella degli intoccabili. Alla “lei non sa chi sono io”.