Lavoro: nessun vincitore, solo vinti
Per quattro mesi Monti ha fatto annunci, qualche ministro ha apposto il timbro su provvedimenti dell’esecutivo precedente o si è intestato risultati frutto di anni di azione di governo come se fossero stati realizzati in un giorno. Quattro mesi di fumo negli occhi degli italiani, che comunque pare che l’abbiano aspirato felici e con esiti di piacevole allucinazione. Con la riforma del lavoro e degli ammortizzatori sociali, però, si comincia a trattare materie più spinose e si necessita di una visione strategica. Quella dei sindacati è che debbano essere preservati i diritti acquisiti dei loro iscritti e in particolare la certezza del posto di lavoro fino alla pensione. Per le imprese la priorità deve essere la sopravvivenza delle stesse, legate giustamente alla possibilità di garantire occupazione. La visione dei tecnocrati è che questa impalcatura appartenga al Novecento e debba essere smantellata. Quindi ritengono che debbano essere rimosse le tutele artificiali che dopano il mondo produttivo e del lavoro, lasciando morire chi non è in grado di stare sulle sue gambe e ripartire da capo. Se un’azienda non sta in piedi chiude e i suoi lavoratori vengono assistiti con il sussidio di disoccupazione. La crisi, assicurano, finirà nell’autunno del 2013 e il mercato, autoregolandosi, produrrà un nuovo naturale sviluppo, nuove aziende, nuovi posti di lavoro. Nel frattempo, a chi tocca tocca.