Barcellona in ginocchio: noi, alluvionati di serie B

23 Nov 2011 20:23 - di

«Mai visto niente di simile nella mia vita», dice con le lacrime agli occhi un ultrasessantenne, «è un inferno», gli fa eco una signora mentre scava con le mani nude per liberare dal fango quel che resta della sua casa. «Una visione apocalittica», sono le parole del capo della Protezione civile di Messina appena arrivato sul posto. Una montagna di acqua per ore e ore si è abbattuta sul Messinese mettendo in ginocchio Barcellona Pozzo di Gotto e Saponara, i due paesi più colpiti dal nubifragio che lunedì ha sconvolto la Sicilia causando tre morti (tra cui un bimbo di dieci anni) e devastando l’area rendendola irriconoscibile. Frane e smottamenti, ponti crollati, fiumi di detriti hanno invaso Barcellona, dove gli argini del torrente Longano hanno ceduto ed è venuto giù il ponte che collega Calderà e Spinesante. Nell’area più colpita sono caduti in poche ore più di 300 mm di pioggia, un quantitativo che solitamente nelle coste del Mediterraneo si accumula in un periodo di 6 mesi.
«Avete presente Genova? Non c’è paragone, in confronto l’alluvione in Liguria è stata una goccia. Qui la quantità di acqua è stata impressionante, inimmaginabile», dice Nicola Marzullo, assessore alla Sicurezza di Barcellona che risponde al telefono del sindaco Candeloro Nania, impegnato in un collegamento con la Vita in diretta, «qui non è rimasto più niente, abbiamo tutta la zona macellata, non si riconoscono più le strade, non c’è più niente». Mentre è in corso la conferenza in prefettura e al centro coordinamento soccorsi di Messina si tiene un incontro con i neo-ministri dell’Ambiente e dell’Interno, la situazione si fa sempre più difficile. «Siamo invasi dal fango che non sappiamo dove scaricare. Abbiamo salvato persone con le gru dei privati, ci sono danni incalcolabili alle autovetture che sono arrivate al secondo piano delle case». Un disastro annunciato, come pontificano  geologi e ambientalisti pasdaran? «Era impossibile prevedere una calamità simile. Tutto è scaturito dalla caduta di un costone da un comune limitofro, Castroreale, la frana ha sradicato gli alberi e i pini dai pendii trascinandoli nel nostro torrente che è esondato, proprio davanti al municipio nel cuore della città. Un mese fa avevamo provveduto a ripulire il fondo del Longano e chi adesso cerca la speculazione politica è un cretino. Non vogliamo prestare il fianco a queste fesserie, abbiamo tutte le fatture delle ditte che hanno prestato la loro opera». Semmai il punto è un altro: una certa pigrizia generale nel diffondere l’allarme.
L’assessore si dice amareggiato per il ritardo nella reazione dei mezzi di soccorso e nella comunicazione dei mezzi di informazione («mi dicono che le notizie sono state diffuse tardi e questo mi fa male…»). Le prime agenzie di stampa arrivano solo nel pomeriggio dopo ore di nubifragio, in altri casi, come per la Liguria, il tam tam dei media è stato immediato, la mobilitazione fulminea dando vita a una gara di solidarietà monitorata passo dopo passo da servizi, filmati, reportage televisivi sugli “angeli del fango” accorsi nel capoluogo ligure. Qui, invece, i ragazzi spalano in silenzio, lontano dai riflettori.
«Fin dalle 6 di mattina – ci racconta Marzullo – si intuiva la gravità della situazione, abbiamo chiesto l’intervento dell’esercito e degli elicotteri ma non si è visto nessuno… Adesso abbiamo sul posto la Forestale, la Guardia di Finanza e l’Arma dei carabinieri, si sono attivati i volontari, persino le squadre di calcio. Voglio ringraziare tutti, anche a nome del sindaco», smorza i toni. Mentre parla, guarda il cielo e spera, «ora è nuvoloso, se dovesse tornare a piovere temiamo il peggio, non c’è tempo da perdere: la priorità è mettere in sicurezza i torrenti perché sono saltati tutti gli argini».
Mentre ci risponde al telefono dopo molti squilli, Nino Munafò, trentun anni, consigliere comunale di Barcellona, sta spalando insieme a decine di ragazzi. «La situazione è tragica, non c’è un solo abitante che non abbia avuto danni, non mi vengono le parole, non ho termini di paragone per spiegare quello che stiamo vivendo. Il centro della città è invaso da un metro di fango, sembra l’Aquila sotto il terremoto, i commercianti sono in ginocchio, gli abitanti disperati, da ieri non facciamo che pulire, spalare, dissotterrare. Non abbiamo avuto morti, per fortuna, ma la nostra è una città che sta morendo».
Piange invece i suoi morti Saponara mentre ancora si cercano tra le macerie gli altri dispersi. Sono tre le vittime: un bambino di dieci anni, Luca Vinci, strappato alla madre dall’ondata di fango, e due persone, padre e figlio, Luigi e Giuseppe Valla di 55 e 25 anni. È stata salvata, invece, la ragazza di 24 anni data per morta in un primo tempo: la giovane, con un’altra donna, è stata recuperata dai vigili del fuoco, ricoperta di fango fino al collo, in un appartamento a Saponara. «Ma questa volta la tragedia non era annunciata», dice il sindaco, Nicola Venuto, «non era una zona ritenuta a rischio. Lo scorso anno c’erano stati degli smottamenti e segnalati dei rischi ma in un un’altra zona, non in questa».
Diretto, Nino Munafò, bandisce sottigliezze diplomatiche e rilancia: solidarietà? Aiuti concreti? Convogli di volontari? «Finora abbiamo visto solo il prefetto e il comandante della Protezione civile regionale, non abbiamo visto l’esercito, dov’è lo Stato?». Non si può pensare – dice polemico – che un’amministrazione comunale da sola possa gestire questo inferno. Anche i mezzi di informazione se ne sono occupati poco e male, «ma io sto qui sul campo… Magari non sono aggiornato». A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca. In piena emergenza, con decine di famiglie bloccate in casa senza cibo, senza acqua e senza luce, non è il momento delle polemiche e delle ritorsioni, ma certe coincidenze pesano. Alluvionati di serie A e alluvionati di serie B? A ventiquattr’ore dalla tragedia il sindaco di Barcellona, Candeloro Nania, ancora aspetta dal governo che venga dichiarato lo stato di emergenza, sollecitato ieri dal sicilianissimo vicepresidente del Senato, Domenico Nania, che ha annulato i suoi impegni per restare sui luoghi accidentati. «I danni materiali sono incalcolabili – dice il primo cittadino – per questo spero che verrà accolto il mio invito a sospendere il pagamento delle tasse da parte dei cittadini. La zona in assoluto più colpita è quella del centro, in questo momento c’è gente che spala fango dappertutto, come amministrazione, stiamo cercando di liberare al più presto le strade dai detriti. Sono crollati molti argini intorno ai torrenti e se non si ripristina subito la sicurezza i danni potrebbero essere ancora più gravi e imprevedibili. Al momento – dice invitando i cittadini a non uscire di casa e ad avere pazienza – le rete idrica e fognaria è saltata». Ma dal Consiglio dei ministri, chiamato in causa da Domenico Nania, nessun segnale.

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