Gigi Martini: ecco perché il calcio è in un tunnel

23 Set 2011 20:23 - di

Squadre retrocesse e penalizzate, inchieste su partite truccate, giocatori squalificati perché coinvolti nelle scommesse, calciatori che scioperano perché contrari al contributo di solidarietà. Puntualmente il mondo del pallone è inquinato da polemiche, sospetti e indagini che gettano ombre sullo sport più amato dagli italiani. Ieri l’ultimo caso. Sul calcioscommesse ci sarebbero le mani della camorra. Nel mirino dei pm della procura di Napoli sono finite almeno 150 partite dei vari campionati, per la maggior parte delle serie minori ma vi sarebbero anche alcune partite di A e di campionati esteri. I protagonisti della truffa, denominata dagli inquirenti GoldenGoal, si sono infatti cimentati anche con basket, tennis, e addirittura baseball. Otto fermi sono stati disposti dai pm che hanno svelato un sistema per truccare quotazioni e intascare vincite non dovute. Il tutto avvalendosi di siti di scommesse proibiti in Italia e di due manager di una società di bookmaking. Dietro l’operazione da milioni di euro, uomini vicini al clan D’Alessandro di Castellammare di Stabia. Questa volta ad essere truccate non erano le partite, ma le giocate. Ma l’immagine negativa ricade inevitabilmente anche sul calcio che proprio in  questo periodo non gode di “buona salute”. Gigi Martini, grande terzino sinistro della Lazio negli anni ’71-’72 e campione d’Italia 1974 con la squadra biancoceleste, poi pilota dell’Alitalia e deputato di An, non si stupisce più di tanto per le notizie che puntualmente riempiono i giornali e ci spiega “l’anomalia italiana”. «Il calcio è diventato uno spettacolo – dice – ed è quindi inevitabilmente diverso da quello degli anni ’70».

Che cosa è cambiato dai tempi in cui lei giocava nella Lazio?

Allora era un calcio più vicino alla società, alla gente. Il calciatore e il tifoso erano diversi, c’erano meno soldi, ma più passione da una parte e dall’altra. A quei tempi gli stadi si riempivano di ottantamila persone, oggi il tifoso segue le sue partite in tv, seduto comodamente in poltrona a casa sua. Ma senza quell’atmosfera e quell’ansia che si vivono solo allo stadio. Oggi c’è la pubblicità e la pay-tv.

Che c’entra con gli scandali e le inchieste…

C’entra eccome. Io quando ho smesso di fare il calciatore ho cominciato a lavorare, anche se avevo vinto lo scudetto. Oggi i trentenni vogliono arrivare subito. Il calciatore a 30-32 anni è già ricco e i giovani vogliono fare lo stesso. Il metro di tutto è il denaro e s’identifica come punto d’arrivo la svolta economica. Oggi corre tutto troppo veloce. Le faccio un altro esempio. Ai miei tempi giocare con la maglia azzurra era uno status per il calciatore e per la società. Gigi Riva si è rotto le gambe per la nazionale. Ora è un’altra aria: ho visto calciatori rinunciare alla nazionale per paura di farsi male e società storcere la bocca se un loro atleta era chiamato a gareggiare nella nazionale. È il paragone che più spiega come sia cambiata la mentalità.

Sì, ma il calcioscommesse, gli accordi e le partite pilotate sono un’altra cosa…

I giocatori hanno cominciato a scommettere sulle partite da quando si è deciso di sfruttare al massimo, dal punto di vista economico, il circo del calcio legalizzando le scommesse sui risultati. Quando noi giocavamo era vietato fare pubblicità. Io portavo le scarpe “Pantofola d’oro” e per portarle dovevo scucire il logo, altrimenti la Federazione mi faceva la multa. Oggi ci sono le scommesse e i giocatori scommettono. Per fortuna non sono tutti. E le assicuro che, per chi come me ha creduto nel calcio pulito, quello che accade oggi è davvero spiacevole… Ma non darei tutta la colpa ai calciatori, anche se è giusto sanzionarli.

E a chi allora?

Il calcio è diventato uno sport spettacolo che rende a tutti e dove ci sono soldi c’è la tentazione di farne sempre di più e si sconfina nell’illegalità, ma succede in tutti i settori della vita pubblica italiana.

Beh, non mi dica le solite storie che la società italiana è malata…

L’Italia è in una fase di grande trasformazione. Le differenze tra me e mio padre, che è nato nel 1919, sono state minimali rispetto a quelle tra me e i miei figli, che hanno dovuto correre di più per stare al passo. Le dico questo, perché c’è una corsa sfrenata al successo, costi quel che costi. Quando giocavo in serie A mi sentivo importante  perché ero un calciatore, non perché ero considerato un calciatore. Il contratto  lo firmavo in bianco, oggi il calciatore si presenta alla società con il procuratore, che poi è un avvocato che guarda penali e postille. Guardi quanta differenza… Quando giocavo nella mitica Lazio che ha vinto lo scudetto, ero felice di vedere la città in festa. Porto sempre con me un portachiavi d’oro che  mi regalò un tifoso, con su scritto “Natale ’75. Un tifoso”.  Ma oggi un tifoso penserebbe mai di dare una dimostrazione d’affetto così grande?

Le inchieste giudiziarie però dimostrano che qualcosa nel sistema non funziona…

Gli scandali durano una notte e a molto spesso le inchieste si sgonfiano. Quello che succede nel calcio mi sembra assolutamente irrilevante rispetto a tutte le inchieste che ci sono… E in ogni caso riguardano casi isolati. Si tratta di alcune decine di persone coinvolte. Non mi scandalizzo…

Lei critica la corsa sfrenata al successo e al denaro, allora contesta anche gli stipendi altissimi dei calciatori?

In questo sistema “malato” della domanda e dell’offerta mi sembra giusto che abbiano quegli stipendi. Perché allora dovremmo contestare tutte le remunerazioni altissime degli attori, dei cantanti, di chi corre in Formula 1. È diventato tutto uno spettacolo, se la domanda tira è giusto avere queste remunerazioni. Mi rendo conto che un operaio guadagna 1200 euro al mese e con questi soldi deve mantenere una famiglia. Ma allora ridimensioniamo tutto il sistema. Non mi sembra giusto puntare il dito solo contro i calciatori.

Ci sono speranze perché il calcio possa ritornare a essere uno sport sano?

Ma sì… anche se è cambiata la modalità dello sport. L’errore vero è stato quello di legalizzare le scommesse. Perché in questo modo chi vuole fare soldi sfrutta questa possibilità.

Scusi, lei è stato un calciatore e anche un deputato, non è riuscito dallo scranno di Montecitorio a creare una cordata contro il calcioscommesse?

Sì, ci ho provato ma non me lo hanno permesso…

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