L’emergenza movida violenta? È come i pitbull e i “naziskin”
Preparare un’emergenza mediatica, istruzioni per l’uso. Fase uno: trovare un’espressione ficcante, eclatante per definire un fenomeno sempre esistito con altri nomi. Ad esempio: “movida”. Meglio: “movida violenta”, che fa un po’ poliziottesco anni ’70. Fase due: puntare i riflettori su tutti i più minuscoli fatti di cronaca riconducibili alla fattispecie in oggetto. Esaltarli. Gonfiarli. Talora, se serve, inventarli. Fase tre: proporre spiegazioni sociologizzanti, preferibilmente puntate sulla crisi dei valori e sui “giovani d’oggi”. Quarta e ultima fase: creare una legge ad hoc che sfrutti il clima emergenziale per ridurre gli spazi di libertà reale e ingolfare il sistema con ulteriori norme inutili.
Spauracchio movida
L’ultimo spauracchio per intimorire le casalinghe di Voghera è, appunto, quello della “movida violenta”. L’ultimo caso si è avuto non nella selvaggia e fascistoide Roma (ma sì, già che parliamo di luoghi comuni, adeguiamoci…) ma nellacivile e progressista Parma. Mercoledì sera, infatti, nella città emiliana un giovane è stato colpito da diversi fendenti di coltello in mezzo alla folla che stava passeggiando lungo via D’Azeglio, strada dell’Oltretorrente, centro, appunto, della movida cittadina. Il fattaccio è successo attorno alle 23, forse dopo un diverbio con una persona in preda ai fumi dell’alcol. Il ferito, un italiano di 28 anni, è stato colpito alla gamba e al torace ma le sue condizioni non sarebbero gravi anche se resta ricoverato in osservazione al Maggiore di Parma. Brutte storie, senz’altro. C’è da chiedersi, tuttavia, dove sia il fattore di novità, il cuore della pretesa emergenza: nel fatto che certi giovani bevono troppo? E che quando lo fanno non si sanno controllare? L’uso dei coltelli? Le risse? Insomma, chi sbaglia paghi, ma basta spacciare per segni della catastrofe sociale imminente delle piaghe da sempre esistite. E certo le assurde norme proibizioniste che già stanno studiando tanti sindaci-sceriffi non potranno migliorare la situazione…
Attenti al cane
Il meccanismo, del resto, non è nuovo. Un caso di isteria collettiva da manuale è ad esempio quello che riguarda i cani feroci. Accade ogni anno, in genere (come è tipico per questi tormentoni) verso l’estate. Succede che il pitbull di turno azzanni qualche malcapitato. La cosa va sui giornali per qualche motivo e subito dopo si scatena la caccia ad altre notizie sulla stessa scia. Nel 2003, tuttavia, si esagerò con l’allarmismo e l’allora ministro Girolamo Sirchia fece scattare un’ordinanza in materia, basata sull’individuazione delle “razze pericolose”. Inizialmente si misero nella black list 92 razze, poi ridotte a una settantina. «Ogni anno, in Italia, le vittime di aggressioni di animali sono circa 70 mila: abbiamo l’obbligo di intervenire», disse il ministro. Ma come: con una media di 70 mila casi l’anno si cambiano le leggi per cinque o sei episodi mediatizzati ad arte?
Gay, petardi e panchine
Decisamente più serie, ovviamente, sono le aggressioni vere. Come quella che vide coinvolta una coppia omossessuale, attaccata a colpi di coltello dopo un alterco con un disadattato ed ex tossico delle periferie romane. Il fatto che l’uomo fosse soprannominato “Svastichella” dette all’episodio una coloritura politica del tutto onirica. Più discutibile fu il fatto che attorno al fattaccio si costruì una immaginaria “emergenza omofobia” mettendo insieme casi veri e vere e proprie bufale, come l’incendio appiccato a un locale che una sola sera a settimana fa serate gay o addiritura “l’incursione” nella “gay street” di due “naziskin” che avevano sparato… due mortaretti. Ma già l’estate precedente Repubblica, sprezzante del ridicolo, aveva tentato di montare il caso attorno a delle scritte omofobe apparse in via di San Giovanni in Laterano. Peccato fossero vergate a pennarello, su una panchina, probabilmente scritte da qualche ragazzino. Ma va bene così, tutto fa brodo per cercare di introdurre nuovi reati d’opinione.
Dagli al “naziskin”
Ma il delitto perfetto, in termini di isteria giornalistica mescolata a leggi liberticide, riguarda la presunta “emergenza teste rasate” degli anni ’90. Lì, effettivamente, gli agenti della disinformazione si superarono, cominciando col creare un neologismo sulfureo e terribile, esotico ma familiare: naziskin. Ce n’era abbastanza per terrorizzare l’italiano medio. Una campagna di panico mediatico con pochi eguali nella storia recente riuscì infine a centrare il risultato: il 26 aprile 1993 passava il decreto numero 122 (“Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa”), convertito con modificazioni in legge il 25 giugno 1993. Era la legge Mancino. Da quel giorno saremmo stati tutti più liberi. O, per lo meno, così ci dissero i tg…