“Mussolini, un grande”. Spunta la confessione del “comunista” Hemingway

31 Ott 2017 17:38 - di Monica Pucci

Un grande scrittore, amico di Fidel Castro, idolo dei comunisti di tutto il mondo, Ernest Hemingway. Anche lui, così lontano ideologicamente da quel mondo di destra, quando conobbe e intervistò Benito Mussolini ne rimase colpito. Oggi, se riscrivesse quelle righe, finirebbe nelle forche della legge Fiano…

“È un uomo grande, dalla faccia scura, con una fronte alta, una bocca lenta nel sorriso e mani grandi, non è il mostro che è stato dipinto, non è come viene descritto, non è un rinnegato socialista, ha avuto molte buone ragioni per lasciare il partito”, scrive Ernest Hemingway nel giugno del 1922, quattro mesi prima della marcia su Roma, sul “Toronto Daily Star”.

In viaggio in Italia con sua moglie Hadley- come ricorda un lungo articolo della Stampa – lo scrittore colse l’occasione per concordare un’ intervista con Mussolini e ne rimase entusiasta, lo  considerò subito un vero patriota, l’unico politico in grado di capire che «i frutti della vittoria italiana nella prima guerra mondiale rischiavano di essere messi in pericolo dall’onda sovversiva». Di questo incontro fulminante, avvenuto a Milano, tra il Duce e il grande scrittore americano Nobel per la Letteratura, riferisce Mauro Canali nel libro La scoperta dell’ Italia. Il fascismo raccontato dai corrispondenti americani (Marsilio, pp. 495, 20), in cui si ricostruiscono le corrispondenze della carta stampata statunitense dall’ inizio del secolo alla Guerra fredda.

Mussolini – ricorda il quotidiano torinese – “veniva descritto come un condottiero abile e spregiudicato, che meritava l’ applauso per le origini modeste, per le notevoli promesse di cambiamento fatte al popolo italiano e per la capacità di mettere a tacere i vecchi politicanti”. Ma Hemingway non fu l’unico scrittore e giornalista americano ad essere ammaliato da Mussolini. Nel libro di Canali si ricorda come anche la marxista e femminista Louise Bryant ne restò fologorata, così come altri suoi autorevoli colleghi, pronti a cambiare idea solo alle prime avvisaglie del tramonto fascista.

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