L’isola che non c’è. Il dramma istriano raccontato dall’ex campione Nino Benvenuti

23 Lug 2013 19:27 - di Romana Fabiani
Nino Benvenuti torna simbolicamente sul ring per “incrociare” i guantoni con la sua biografia personale, a partire dall’infanzia nella sua città natale Isola d’Istria, oggi in territorio sloveno. Il grande campione di boxe domani presenterà a Roma, dal palco della festa dell’Estate romana, All’ombra del Colosseo, il suo libro L’isola che non c’è. Il mio esodo dall’Istria, scritto a due mani con Mauro Grimaldi. È il dramma degli esuli istriani nel racconto di chi lo ha vissuto sulla sua pelle, prima di diventare uno degli atleti più popolari e amati del mondo. Nato il 25 aprile 1938, Nino è stato campione olimpico nel 1960 e campione monondiale dei Pesi medi tra il 1967 e il 1979. La sua è una storia arcitialiana che parla di passione e sacrifici. La carriera pugilistica di Nino comincia a tredici anni in una piccola palestra di Isola d’Istria che frequenterà per quattordici anni, spinto dalla passione di suo padre per la boxe. Il talento straordinario e la tenacia non tardano a manifestarsi vincendo piccolissimo tornei regionali e interregionali fino ad arrivare in Nazionale, imbattuto, nel 1995. Fra il ’61 e il ’63 combatte ben 29 volte uscendo sempre vittorioso dal ring. La sua è anche una vita segnata dalla lealtà, come dimostra la fortissima amicizia che lo ha legato a due grandi ex rivali come Griffith (al quale è rimasto vicino anche dopo l’outing sulla sua omosessualità) e Monzon. Si è dichiarato più volte un “uomo di destra” e ha partecipato attivamente alla vita politica italiana nel 1964 sotto le insegne del Movimento sociale.  Nell’isola che non c’è l’ex pugile, ora settantacinquenne, ha voluto raccontare la sua storia più nascosta, i primi vent’anni di vita, segnati dalla guerra, da tirannie di segno opposto e dal triste destino della sua cittadina natale da cui fuggì insieme alla famiglia, incalzato dalle truppe di Tito. «Molti sapevano – dice oggi Benvenuti – e non hanno fatto niente. Se non indignarsi quando ormai non serviva più». Il racconto si ferma al giorno glorioso della conquista dell’Oro olimpico, nel 1960 a Roma. Le pagine sono la testimonianza dal forte impatto emotiva di un grande campione che rivendica con orgoglio le proprie origini istriane e racconta senza le gabbie del “politicamente corretto” la storia ancora scomoda di chi ha abbandonato la proria terra per rimanere italiano. La presentazione del volume edito da Libreria Sportiva Eraclea (ore 19 via di San Gregorio al Celio) è promossa dal comitato 10 Febbraio, giornata nazionale del Ricordo dell’esodo giuliano-dalmata. A moderare il presidente Michele Pigliucci e il responsabile attività teatrali e progettazioni Emanuele Merlino. A portare il saluto al campione anche Ballarin, presidente dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Micich, segretario della Società di Studi Fiumani e Carla Cace dell’associazione nazionale dalmata.

 

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