
Il nodo
Chi ha paura della “giustizia giusta”? Opposizioni e Anm, l’alleanza dello status quo
La riforma viaggia a vele spiegate ed è attesa in Senato per l’approvazione definitiva. Ad opporsi, con toni apocalittici e metodi da saloon, il sindacato dei magistrati, e gli ultrà della Repubblica "giudiziaria", Pd e 5 Stelle
«Ora, noi sappiamo che sulla separazione delle carriere c’è un consenso molto largo e molto forte dell’avvocatura e, d’altro canto, c’è un dissenso pressoché unanime della magistratura, che è peraltro il destinatario di questa riforma. Ora, noi ci chiediamo: vale la pena di innescare una rottura così clamorosa tra le posizioni degli attori della giurisdizione per raggiungere risultati che forse, in parte o magari anche meglio, possono essere raggiunti in maniera diversa che non attraverso la separazione delle carriere? Cioè, ha senso innescare una diciamo reazione, anche di natura istituzionale, molto forte da parte della magistratura, che sappiamo è compattamente contraria a questa riforma, per raggiungere risultati che forse possono essere aggiunti in modo diverso?».
Era il 27 luglio 2020 e per la prima (e unica) volta la proposta di legge di iniziativa popolare per la separazione delle carriere dei magistrati presentata dall’Unione delle Camere Penali Italiane conosceva la ribalta dell’Aula di Montecitorio, prima di finire accantonata nel binario morto del non s’ha da fare. A parlare è l’onorevole Alfredo Bazoli, Partito Democratico ça va sans dire, che senza alcun imbarazzo chiariva che no, quella che avrebbe portato alla separazione delle carriere era una strada non percorribile perché avrebbe innescato “una reazione molto forte da parte della magistratura”. Il candore con cui venivano pronunciate allora queste parole nel cuore del potere legislativo desta ancora oggi un certo imbarazzo ma conferma come il Partito Democratico sia il primo e più diretto referente di una parte minoritaria ma molto potente della magistratura, e sia stato eletto a portavoce delle sue istanza pena “una forte reazione”.
E quanto accaduto qualche giorno fa – con una scena al limite del fantozziano, in cui l’assalto ai banchi del governo da parte dei deputati piddini inferociti per l’approvazione in terza lettura della tanto osteggiata riforma della giustizia è sfuggito di mano alle organizzatrici Braga e Schlein – non fa che confermare come quella del PD non sia un’opposizione nel merito ma la strenua difesa di un sistema di cui la sinistra è da decenni parte integrante. E ora che la separazione delle carriere è a un passo dal diventare legge, i diretti referenti della magistratura politicizzata diventano sempre più riottosi e belligeranti.
L’Anm in campo…politico
Intanto ANM, l’associazione dei magistrati che “non fa politica” (sic), è già in piena campagna referendaria e ha addirittura dato vita, sempre per non fare politica, al Comitato “A difesa della Costituzione per il NO al referendum”: sì, un comitato per la difesa della Costituzione da una riforma che attua la Costituzione, ma a detta del vice segretario Stefano Celli, quella referendaria è una “battaglia in difesa di un bene superiore condiviso dal 90% dei magistrati”. Quale sia questo bene superiore non è chiarissimo ma noi qualche idea ce l’abbiamo. D’altronde, da mesi ANM avvelena i pozzi preannunciando catastrofi: a rischio i diritti dei cittadini, l’indipendenza della magistratura e financo la tenuta democratica. Come si realizzerebbe in concreto questo attentato alle fondamenta della Repubblica non è dato saperlo ma in una realtà fatta di slogan spiegare le cose è superfluo, spesso inutile, quindi va bene così.
La tesi (grottesca) di Davigo
E in fondo alla magistratura converrebbe limitarsi agli slogan perché, quando prova ad entrare nel merito, il risultato è tragicomico. Qualche giorno fa, ospite d’onore alla festa del Fatto Quotidiano, Piercamillo Davigo – sì, il PM condannato dopo aver sostenuto per anni che non esistono imputati innocenti ma solo colpevoli contro cui non è stata raggiunta la prova (vedi, alle volte, il karma…) – ha spiegato agli astanti quale sarebbe il grande pericolo sotteso all’approvazione della riforma della giustizia: secondo Davigo, qualora un giudice si discostasse troppo dai desiderata della Procura, il PM interessato potrebbe rivolgersi al suo collega della sede competente dicendogli “questo giudice o è un cretino, o è un corrotto. Fagli un po’ una indagine patrimoniale”. E un’indagine patrimoniale, assicura Davigo, è quanto di più temuto ci sia tra i giudici.
Sì, avete capito bene: Davigo dipinge i PM come dei bambinetti capricciosi e vendicativi e i giudici come gente che nasconde i denari sotto il materasso. La cosa più inquietante è che Davigo non spiega come simili dinamiche potrebbero essere evitate mantenendo lo status quo, anzi insinua in noi malpensanti il sospetto che già funzioni così e rafforza la convinzione che una radicale riforma della giustizia non sia solo necessaria ma inevitabile e non più rinviabile. Ottimo lavoro, Piercamillo, avanti così!
L’opposizione la butta in rissa
Le immagini di Schlein, Braga e soci scatenati a Montecitorio si sposano perfettamente con il clima creato e alimentato dalla magistratura e denunciano uno stato di vero e proprio terrore di fronte al concretizzarsi della pericolosa riforma: pericolosa per loro e per le loro rendite di posizione, perché nessuno, tra urla, schiamazzi e altisonanti comunicati, ha ancora spiegato come slegare la carriera del PM da quella del giudice, dotandolo di un proprio Consiglio superiore della magistratura e riservandogli le medesime prerogative di autonomia e indipendenza sancite dalla Costituzione, possa ledere i diritti dei cittadini o, addirittura, come sostenuto da Cesare Parodi, Presidente di ANM, danneggiarli.
E a nulla servono proclami circa un piano segreto del Governo per sottomettere i PM al controllo dell’Esecutivo: a parti invertite scatterebbe immediatamente l’accusa di complottismo. Noi ci limitiamo a constatare che la paura fa davvero brutti scherzi. Intanto la riforma viaggia a vele spiegate ed è attesa in Senato per l’approvazione definitiva: noi prepariamo i pop corn, certi che anche nella Camera Alta il Partito Democratico saprà offrirci uno spettacolo all’altezza delle attese e grati per il prezioso contributo che scene come queste offrono alla causa del” Sì” al referendum. Forse, un giorno, a sinistra capiranno che gli italiani sono molto più consapevoli e intelligenti di quanto loro pensino. Certamente, oggi non è quel giorno.