Caso Palamara, la conferma di Nordio: “Ci sono intercettazioni nascoste”. I dubbi sull’area di sinistra della magistratura
Nel caso Palamara, “ci sono intercettazioni che sono state tenute riservate, mentre altre sono state lasciate filtrare”. Lo rivela il ministro della giustizia, Carlo Nordio, al Corriere della Sera. Palamara, che era presidente dell’Associazione nazionale magistrati e membro del Csm, fu al centro di un’inchiesta che rivelò il sistema di cointeressenze nella promozione di alcuni togati, venendo espulso dalla magistratura. Ma non tutte le intercettazioni fatte sull’ex presidente dell’Anm saranno rivelate.
Le parole di Nordio sul caso Palamara
Nordio dice al Corriere che, “il sistema Palamara non è mai stato rivelato in tutta la sua complessità ed estensione”. Le parole del Guardasigilli suonano come una conferma di quanto Luca Palamara, va denunciando da anni: la tesi di una inchiesta a doppia velocità, inflessibile con lui e con i suoi alleati (ovvero le correnti di centro e di destra nel Csm), mentre si fermerà nei confronti del potere dominante all’interno dell’apparato giudiziario, e cioè le correnti progressiste di Area e Magistratura democratica.
La “sparizione” delle intercettazioni con Davigo
Di “buchi” nelle intercettazioni che il trojan della Guardia di finanza esegue nell’indagine su Palamara dalla primavera del 2019 si è sempre parlato poco. Il più clamoroso non riguarda i rapporti tra Palamara e un giudice di sinistra ma Piercamillo Davigo, membro del Csm quando il Consiglio superiore viene investito dallo scandalo. Al termine di un convegno, il 9 aprile 2019, Davigo accetta un passaggio da Palamara, in quel momento lo smartphone di Palamara è infestato dal virus-spia della Gdf, ascoltare quanto i due si dicono sull’imminente avvio delle trattative tra correnti per la nomina del nuovo capo della Procura di Roma, che sta per essere lasciata libera da Giuseppe Pignatone, sarebbe fondamentale. Quelle intercettazioni con Davigo sembrano essere sparite.
Le conversazioni con Pignatone
Un altro filone riguarda Giuseppe Pignatone, attuale presidente del tribunale del Vaticano, in passato procuratore a Reggio Calabria e a Roma e oggi indagato a Caltanissetta nell’inchiesta sui rapporti tra mafia e imprenditori. Il 9 maggio 2019 Pignatone va a cena con Luca Palamara, con e un altro magistrato romano, Paola Roia, e con l’imprenditore Alessandro Casali. Sarebbe un’altra occasione d’oro per sapere quali manovre si stanno compiendo intorno alla Procura di Roma, quali sia il ruolo che vi si prepara a svolgere la sinistra in toga cui Pignatone si è progressivamente avvicinato. E un’altra volta, miracolosamente, il trojan si dimentica di registrare, dicono i rapporti della Guardia di finanza.
La talpa e l’intervento di Cantone
A rivelare che il nastro della conversazione con Pignatone esiste è un personaggio chiave della procura di Perugia, il cancelliere Raffaele Guadagno, scoperto nel 2022 dal procuratore Raffaele Cantone a spulciare atti segreti dai fascicoli sulla loggia Ungheria per poi passarli ad alcuni giornalisti. Guadagno rivelerà ad uno degli avvocati delle persone indagate che quel nastro esisteva realmente. Cantone convocherà successivamente il legale riprendendo in mano l’inchiesta.