La moglie di Singh: “Nessuno ha fatto niente per salvarlo. Lovato ha lasciato il braccio tra i rifiuti”

3 Lug 2024 9:12 - di Sara De Vico

“Nessuno ha fatto niente, mi hanno lasciata sola. Ho subito chiesto a tutti di chiamare un’ambulanza, mentre Antonello (Lovato, ndr) continuava ad urlare ‘è morto, è morto’, ma nessuno ha fatto niente”. È il racconto drammatico di Soni, 26 anni, moglie di Satnam Singh, il bracciante indiano morto a Latina. Così agli inquirenti che hanno emesso l’ordinanza di custodia cautelare nei confronti del datore di lavoro, che ha abbandonato il corpo di Singh davanti alla sua casa ed è scappato.

La moglie di Singh: nessuno mi ha aiutato

È il racconto straziante di una donna che insieme al marito lavorava nei campi, per 6 euro l’ora. Davanti al corpo straziato del compagno Soni urlava, gridava, continuava disperatamente a chiedere aiuto, ma nessuno ha mosso un dito per salvare la vita a Singh.  Né il titolare dell’azienda, Antonello Lovato (finito ieri in manette)  né i due lavoratori che al momento dell’incidente si trovavano nei campi accanto a lei.

Lovato urlava ‘è morto’, nessuno ha fatto niente

“Antonello urlava le frasi è morto! E’ morto!’ mentre mio marito si trovava a terra con l’arto superiore destro tranciato”, racconta Soni. “Ho visto che aveva subito anche delle lesioni ad entrambe le gambe. Ho capito in quell’istante che mio marito era stato trascinato all’interno dell’avvolgi-plastica e poi riversato per terra”. La donna ripercorre attimo per attimo quella drammatica giornata, cominciata come ogni giorno alle 5 del mattino e finita tragicamente intorno alle 16.

Ho chiesto soccorso ma erano tutti impietriti

Soni era distante una decina di metri dal posto nel quale stava lavorando il marito quando “all’improvviso” – spiega – ha sentito urlare Lovatoe “nel medesimo istante ho visto mio marito riverso a terra accovacciato su se stesso vicino al macchinario”. Subito la donna ha chiesto al datore di lavoro di chiamare i soccorsi ma lui continuava a dire che era morto.

Antonello ha messo il braccio tra i rifiuti

“Solo dopo aver insistito nella mia richiesta ha preso un furgone di colore bianco, ha caricato mio marito all’interno, riponendo l’arto staccato in una cassetta in plastica per poi accompagnarci presso il nostro domicilio. Lovato ha preso in braccio mio marito e lo ha lasciato davanti all’ingresso”. Al momento dell’incidente nella tenuta agricola di Latina, la donna dichiara davanti ai magistrati che erano presenti, “oltre ad Antonello, anche Sandra e Gora (altri due lavoratori, ndr). Ma nessuno ha fatto niente”. Soni chiedeva soccorsi, “supplicando” Gora di aiutarla dicendogli ‘tu sei mio amico, aiutami’. “Ma anche lui non ha fatto niente. Erano tutti pietrificati, immobili”.

La folle corsa con il furgoncino verso casa

Poi la folle corsa con il furgoncino verso casa loro, dove Lovato ha lasciato il corpo del bracciante e poi è fuggito via. Nel tragitto – ricorda ancora Soni – “chiedevo, anzi urlavo, nella mia lingua di fermarsi per chiamare un’ambulanza”. Un disperato appello che secondo la moglie di Singh è rimasto disatteso lungo tutta la strada. Fino a quando è arrivata la chiamata dei vicini di casa, impietriti davanti a quanto avevano visto. Mentre Lovato tornava sul furgoncino e scappava via.

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