Canfora, il gerontocrate che non sopporta Giorgia Meloni e ha nostalgia dell’Unione sovietica
Per fortuna sono ancora tanti quelli che, giunti a una veneranda età, vivono con la saggezza socratica di chi sa di non sapere, dopo una vita passata a leggere, scrivere o insegnare. C’è chi, ringraziando il padreterno o la fortuna per l’esistenza lunga e agiata sin qui vissuta, ha per i più giovani consigli da dispensare, carezze da regalare, parole dolci da sussurrare, specie se nella vita ha avuto l’onore e il privilegio di ricoprire ruoli importanti.
Vecchietti illustri e inviperiti
La forza e la bellezza – si dice – sono i beni della giovinezza, e la saggezza è il fiore della vecchiaia. Vale per tutti tranne che per certi vecchietti illustri ma inviperiti, intenti a lanciare strali velenosi a destra e a manca, anzi solo a destra, perché a manca hanno vissuto comodamente le loro interminabili carriere. Carriere brillanti, per carità, ma spesso senza contraddittorio, con il massimo comfort intellettuale, l’ospitalità di editori compiacenti e la tracotanza di chi tutto può. Mai una critica, un rimbrotto, una stroncatura. Sì, perché il loro potere era tale da consentirgli di scegliersi gli avversari, avendo avuto sempre l’ultima parola in tutti i settori deputati all’uso del discorso e del pensiero.
L’egemonia togliattiana
Sono stati i privilegiati missionari di un’egemonia – togliattiana, più che gramsciana – che per oltre mezzo secolo ha permesso loro di avere l’ultima parola sulla selezione della classe dirigente nelle università, nella scuola, nel giornalismo, nell’editoria e nel mondo culturale in generale. Molti di loro sono stati agevolati non solo dalla bravura, ma anche dalla tessera del partito che contava, dalle appartenenze ad apparati territoriali e corporativi assai potenti e dall’assenza di un pluralismo degno di questo nome. Hanno indottrinato e ammaestrato generazioni di giovani nelle vesti di rappresentanti ufficiali del vecchio Intellettuale Collettivo, senza mai cedere un grammo del loro potere oligarchico e autoreferenziale. E hanno deciso per decenni sulla legittimità delle idee, quasi fossero i destinatari di verità ultime. Hanno istigato alla rivoluzione, creato nemici anche quando non esistevano e che hanno appeso per i piedi o buttato a terra e ricoperto di polvere. Senza mai mettersi in discussione. Mai un’autocritica, sempre moralmente superiori, benché lo fossero anche – e soprattutto – economicamente.
Meloni ha dissacrato le burocrazie frattocchiane
Ora, sul crinale della vita, a questi vegliardi simbolo di una gerontocrazia ormai al tramonto, tocca assistere a uno spettacolo che mai avrebbero creduto possibile: la salita al potere della destra, un governo presieduto da una donna di destra, cresciuta a pane e politica nei quartieri popolari un tempo roccaforti elettorali comuniste. Questa donna è la prima presidente del consiglio nella storia repubblicana, che ha dissacrato le liturgie maschiliste e burocratico-procedurali di frattocchiana memoria. Perciò alcuni di loro sproloquiano volentieri contro la nuova “nemica del popolo”, come nei propri schemi mentali è ancora additabile chiunque non la pensi come loro.
Il vecchio amore per l’Urss di Luciano Canfora
È capitato all’ottantunenne Luciano Canfora, in barba a ogni eleganza, che pure ti aspetteresti da un classicista, prendersela con Giorgia Meloni fino al punto da apostrofarla come “neonazista”. Il che, in verità, per quanto grave, è in linea con l’atteggiamento tracotante di uno che parla in maniera disinvolta di guerra in Ucraina senza averne alcuna competenza, a parte il suo vecchio amore per l’Unione Sovietica che una volta lo spinse a considerare “altamente positiva” la dittatura di Stalin e, qualche giorno fa, dalle colonne della “Stampa”, addirittura a fregiarsi dell’essere uno stalinista. Come se i cinquanta milioni di morti causati dal più feroce totalitarismo al mondo fossero una medaglia da attaccarsi al petto.
Intendiamoci, questi vegliardi sono liberi di pontificare fino a quando avranno il fiato e la lucidità per farlo. Il fatto è che a parte l’invettiva sempre più irriflessiva, essi dimostrano di avere ben poco da dire sui tanti mali di un Paese di cui loro stessi sono in qualche modo corresponsabili. Gerontocrazia compresa.