L’intervista. Carioti: Canfora sbaglia, il Msi non era neonazista. E Meloni è più erede di An che di Almirante

29 Mar 2024 15:20 - di Annalisa Terranova

Luciano Canfora dice che il Msi proviene dalla Rsi e dunque era un partito neonazista? “No, non lo credo – afferma il giornalista e scrittore Antonio Carioti, autore del libro intervista con Marco Tarchi “Le tre età della Fiamma” uscito da poche settimane – e in questo caso mi trovo in disaccordo. Bisogna infatti analizzare ciò che il Msi è stato nel tempo, non si può ridurre tutto al fatto che era erede della Rsi”. Canfora ha cercato infatti di arrampicarsi sugli specchi per giustificare la sua offesa a Meloni (“neonazista nell’animo”) e per la quale è stato legittimamente querelato (“la querela è troppo”, dice Carioti). Ma il punto è che senza querela la sinistra si crede in diritto di dire tutto e il contrario di tutto e la difesa della reputazione di un politico o di una politica resta in balìa dell’arbitrio di chi ricerca l’insulto più efficace.

Tornando al Msi, è stato un partito neonazista? 

La sua evoluzione nel tempo dimostra il contrario perché ha sempre preso le distanze dall’antisemitismo e dalle leggi razziali. Quest’ultima anzi è l’unica realizzazione di Mussolini dalla quale il Msi si dissocia apertamente. Fin dal 1948 il Msi prende posizione a favore dello Stato di Israele. Ricordo poi che il Msi, pur erede della Rsi, raccoglieva i suoi voti soprattutto al Sud, dove la Rsi non c’era stata. E ricordo anche che Arturo Michelini voleva fare del Msi un partito moderato e conservatore.

Quindi Canfora ha preso una toppa. Ma oggi esiste una tendenza a considerare il Msi come se fosse stato il Pnf, dimenticando che stava nell’alveo della democrazia e si presentava regolarmente alle elezioni? 

Innegabilmente il Msi era un partito nostalgico che ha tentato sempre di rivalutare il lascito del fascismo. Però il neofascismo è stato diverso dal Pnf. Innanzitutto non c’era un Duce e poi il Msi non era un partito armato. Tuttavia il Msi era un partito antisistema nel senso che contestava la Repubblica antifascista. Il problema è che Giorgia Meloni rivendica l’appartenenza a quella storia che lei chiama di destra democratica…

Perché il Msi non era democratico? 

Diciamo che Giorgio Almirante ovviamente ha varie fasi. L’Almirante degli anni Settanta è un uomo che cerca di mantenere la destra nell’ambito della legalità. C’è anche un libro di Antonio Padellaro sugli incontri con Berlinguer. In quel periodo Almirante  ha dimostrato un grande senso di responsabilità nel tentativo di tenere fuori il Msi dall’ambito dell’eversione. Gli si può riconoscere di avere scelto una via parlamentare e di non avere soggiaciuto alle suggestioni di una lotta politica violenta. Il Msi ha svolto un ruolo di argine nei confronti dell’estremismo violento.

Giorgia Meloni è più erede del Msi o di An? 

Di entrambi. Nel 2013 Giorgia Meloni si trova in una situazione molto difficile, dinanzi al fallimento di An e Pdl per non dire del disastro di Fli.  Lei ha lavorato per raccogliere un mondo che si andava disperdendo. Il legame più stretto credo vada istituito con l’esperienza di An anche se da parte sua c’è la volontà di mantenere una continuità mentre Fini aveva a un certo punto aveva scelto la via della rottura netta con il passato e con il Msi.

Se Meloni togliesse la Fiamma dal simbolo e si dichiarasse antifascista la sinistra abbandonerebbe la tiritera sul pericolo fascista? 

Temo di no. E del resto Meloni non mi pare intenzionata a fare nessuna delle due cose. Questo ormai è un elemento della lotta politica destinato a essere usato contro l’avversario. Sarebbe auspicabile confrontarsi su altri temi ma se anche Meloni compiacesse gli avversari sul terreno del fascismo loro non rinuncerebbero a questa polemica. Un tipo di lotta politica di basso livello, che si manifesta anche quando si accusa il Pd di essere ancora legato al comunismo.

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