Sardegna, la rabbia dello scrittore “comunista” Marcello Fois: “Alessandra Todde sarebbe la novità?”

22 Feb 2024 11:18 - di Marta Lima

“Non bisogna vergognarsi di definirsi comunisti, buonisti e intellettuali. Se oggi essere comunisti vuol dire interessarsi agli strati sociali più deboli, se essere buonisti significa riflettere prima di affondare una nave o incendiare un campo rom, se essere intellettuali vuol dire credere che istruzione e civiltà vadano di pari passo, io sono fieramente comunista, buonista e intellettuale”. Lo diceva, qualche mese fa, Marcello Fois, scrittore fieramente di sinistra, vincitore del Premio Campiello, sardo d”origine e anche in questo caso fiero di esserlo, anche se oggi vive e lavora a Bologna.

Fois, oggi, sulla Stampa, pubblica un lungo articolo nel quale si scaglia contro il “campo largo” messo in campo da Pd e M5s in Sardegna, per isolare Soru – “che sembra il vero nemico, non Truzzu” –  tuonando contro chi pensa che la sua isola possa essere una “cavia” politica al servizio dei partiti, come dimostra l’operazione fatta, a freddo, da Conte e Schlein anche se, ovviamente, non lesina critiche e ironia su Salvini e sul governo Meloni.

Fois: “I sardi sono allo stremo, basta esperimenti”

“Nella storia della nostra giovane Nazione la Sardegna ha sempre rappresentato il laboratorio, in cui si sperimenta il grado di tenuta della nostra democrazia. In Sardegna si è testata in vitro la tenuta di modelli che poi sono stati esportati nel resto del Continente, dall’industrializzazione imposta, al turismo coatto; dal colonialismo delle servitù militari, alla svolta populistica; dalla morte dei partiti tradizionali, alla vittoria dei laureati all’università della vita; dall’ossequio per l’imprenditore in campo, alla invocazione dell’uomo, o donna, unici al comando… Hanno provato di tutto sulla nostra pelle forti… le prossime elezioni regionali sarde potrebbero rappresentare uno sviluppo di questo meccanismo che pare ineluttabile. E dunque potrebbero rappresentare il segnale chiaro dello sfinimento da parte dell’elettorato. Potrebbero cioè suggerire alla Nazione tutta che contro il meccanismo carsicamente consociativo che ha imballato l’attività politica italiana può palesarsi quel convitato di pietra che butta giù il tavolo. Anche in questo caso quel convitato si chiama Renato Soru…

L’enigma Soru e la finta “nuova” Alessandra Todde

“Renato Soru  – prosegue Fois – vent’anni dopo si è buttato dietro le spalle l’illusione che si possano determinare cambiamenti dentro una specifica condizione di partiti, progressisti o conservatori che siano. Sarebbe a dire che ha pagato in prima persona la sciocchezza di aver barattato a suo tempo Progetto Sardegna con un posto nel Pd. Posto che gli è stato offerto con gioia pur di depotenziarlo definitivamente. Oggi, vent’anni dopo, emendato quell’errore, Soru può fare la sua trionfale campagna elettorale in perfetta solitudine, battendo la Sardegna palmo a palmo e contrapponendosi geneticamente a un centro destra che ha dovuto mettere nei guai giudiziari il Governatore uscente perché non fosse ricandidabile. Ma anche a un centro sinistra che pensa di apparire rinnovato solo perché ha candidato una donna in gamba Alessandra Todde, alla presidenza della regione. Quel sardo scafato saprebbe spiegarvi che nemmeno per un secondo della sua campagna elettorale Alessandra Todde, la donna in gamba in questione, ha compiuto un atto autonomo rispetto alla nomenclatura locale che oggi si scherma dietro di lei e che diventerà determinante se si dovessero vincere le elezioni. In Sardegna si è già sperimentata dunque anche la finta svolta. Non a caso il Pd sardo teme più Soru, col quale dovrebbe lavorare per costruire una Casa dei Progressisti, che Truzzu, col quale, male che vada, farà i soliti accordi di cessate il fuoco in cambio di due, tre, rendite di posizione acquisite o incarichi. Fare il consigliere regionale in Sardegna è un affare. Chiunque governi…”.

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