Meloni firma il patto con la Calabria: “La ricetta per il Sud, infrastrutture di cittadinanza”

16 Feb 2024 17:16 - di Stefania Campitelli

Un’iniezione di speranza e di concretezza per il Sud. Finanziamenti virtuosi sui progetti ‘veri’, lotta gli sprechi all’insegna della responsabilizzazione. Dal Porto di Gioia Tauro per la firma dell’Accordo per lo Sviluppo con il governatore della Calabria, Roberto Occhiuto, la premier Giorgia Meloni riassume il cambio di rotta dell’esecutivo. Che significa utilizzare i fondi mai spesi prima, credere e investire nel potenziale dato “dal coraggio, dall’operosità e dalla forza del Sud per metterlo in condizioni di lavorare ad armi pari”.

Meloni firma di patto di coesione e sviluppo con la  Calabria

Non solo promesse. L’accordo porterà alla Regione Calabria 2,2 miliardi di euro. Il Fondo prevede finanziamenti legati alla riqualifica delle infrastrutture, all’idrico, alla cultura ed al dissesto idrogeologico. Oltre 300 milioni saranno destinati alla realizzazione del Ponte sullo Stretto, il cui progetto è stato approvato nella giornata di ieri. Una grande opera sulla quale si è scatenato per anni il disfattismo della sinistra e il plotone d’esecuzione degli ambientalisti rigoristi blocca-tutto. “Impossibile. Il Ponte sullo stretto non si farà mai”, ha ricordato Meloni, “io penso che ‘impossibile’ lo dica chi non ha il coraggio o la voglia di lavorare”.  La scelta del luogo delle cerimonia della firma non è casuale. “Si tratta di un posto simbolicamente rilevante – sottolinea il governatore – Gioia Tauro è il primo porto italiano, tra i più importanti porti nel Mediterraneo”.

L’autonomia differenziata rafforza non indebolisce

Meloni entra subito nel vivo. “Il decreto Sud riorganizza i fondi di coesione e istituisce questi accordi che hanno alcune particolarità. La prima è che i progetti finanziati sono proposti dalla regione e condivisi dal governo nazionale. Questo ha fatto arrabbiare qualcuno – aggiunge – ma noi non vogliamo limitare l’autonomia dei territori. Ma fare in modo che queste risorse vengano inserite in una strategia”. In questo quadro ben venga la riforma dell’autonomia differenziata, bersaglio polemico di una sinistra ideologica a caccia di scandali. Nessuna legge spacca-Italia, chiarisce la premier che rispedisce al mittente gli attacchi di Elly Schlein sui ‘patrioti che tradiscono il Mezzogiorno’. “A chi mi accusa di dividere l’Italia vorrei dire che l’Italia è stata divisa da chi credeva che ci fossero cittadini di serie A e di serie B”. Io penso che ci siano due modi per affrontare il divario: c’è il reddito di cittadinanza e ci sono le infrastrutture di cittadinanza. Io sono patriota e penso di colmare le distanze tra Nord e Sud con risposte meno facili”. Il reddito “per sconfiggere la povertà” dei grillini è la ricetta di chi pensa che il Meridione sia irrecuperabile.

Se un governatore lavorasse invece che fare manifestazioni…

Tutti i governatori lavorano di concerto con Roma? “Non proprio – puntualizza la premier a cui non difetta la sincerità – i governatori si stanno dimostrando tutti collaborativi, tranne uno. Se invece di fare le manifestazioni ci si mettesse a lavorare, forse si potrebbe ottenere qualche risultato in più”. Parole inequivocabilmente dirette al guastatore di professione Vincenzo De Luca che da Roma indirizza alla premier epiteti irripetibili.

“Non dovete avere paura di niente”

“I cittadini che vivono in queste regioni non debbano avere paura di niente”, continua la premier, “perché hanno affrontato di tutto compreso la ‘Ndrangheta e la criminalità organizzata. E devono poter contare sulla sfida della responsabilità. Noi combatteremo la ‘Ndrangheta così, dimostrando che lo Stato quando ti dà qualcosa non ti chiede in cambio la tua libertà”.

Non avevamo bisogno di vedere i trattori in piazza

Inevitabile il passaggio sulla protesta degli agricoltori, all’indomani del flop dell’esibizione muscolare degli ultrà capitanati dall’ex forcone Calvani. “Non abbiamo avuto bisogno di vedere i trattori in piazza per accorgerci che il mondo agricolo è in difficoltà. Lo sapevamo e ci abbiamo lavorato fin dall’inizio, portando le risorse per l’agricoltura da 5 a 8 miliardi nella revisione del Pnrr”.

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