Le donne della Jihad, uno studio rivela: non sono più spose votate al martirio, hanno ruoli attivi e da non sottovalutare
Oggi su Le Figaro una pagina intera è dedicata a uno studio transnazionale (che interessa Germania, Belgio, Francia, Paesi Bassi) pubblicato il 31 gennaio a cura del Centro internazionale per l’antiterrorismo (ICCT, con sede all’Aia) e che riguarda le “donne jihadiste di fronte alla giustizia” .
In aumento il numero delle donne affiliate alla jihad
Il lavoro si basa sulle interviste con 69 esperti antiterrorismo e politici e sulle sentenze dei tribunali riguardanti 277 donne jihadiste. Il numero delle donne affiliate alla jihad è aumentato negli ultimi anni, molte di loro hanno studiato in Germania, Belgio, Francia e Paesi Bassi, sono giovani (con un’età media al momento della commissione dei reati di 24,8 anni), e ricoprono vari ruoli.
E’ semplicistico il profilo delle “spose jihadiste”
Siamo quindi lontani dal “profilo semplicistico delle spose jihadiste”, un profilo “demistificato in tutti e quattro i Paesi”. La stragrande maggioranza di queste donne “non aveva storia criminali, il che costituisce una differenza significativa rispetto ai jihadisti uomini dove i precedenti penali erano più comuni”. Nei quattro paesi interessati, il numero di donne presenti in carcere “è aumentato considerevolmente negli ultimi anni, mentre il il numero degli uomini è diminuito, modificando quindi l’equilibrio tra i sessi nei contesti carcerari”. Si noti che “il personale penitenziario generalmente percepisce queste donne come “buone detenute”, che presentano un rischio minore di violenza fisica e radicalizzazione ma non vanno incontro agli sforzi di riabilitazione e reinserimento.
In Francia il numero maggiore di jihadisti
Specialista in questioni legate al terrorismo Marc Hecker ha scritto la parte “francese” dello studio. E fa notare che la Francia è il paese occidentale che aveva il più grande numero di jihadisti . “Il rischio – spiega – è vedere queste donne trasmettere i loro valori radicali alle nuove generazioni”. In Belgio, Thomas Renard rileva che le donne hanno rappresentato il 20% delle 430 partenze dei jihadisti dal regno alla
zona siro-irachena. In Germania, donne e ragazze costituivano circa un quarto dei circa 1.150 jihadisti che hanno raggiunto la Siria e l’Iraq. Nei Paesi Bassi, stessa tendenza con un terzo delle donne su circa
300 jihadisti. Resta essenziale “uno stretto monitoraggio (di queste donne) dopo la loro liberazione, soprattutto nei primi mesi quando il rischio di recidiva è più elevato, perché molte di loro continueranno a impegnarsi nell’estremismo o nel terrorismo”.