Auto cinesi ma con lavoratori italiani a Mirafiori: Stellantis (per non perdere gli incentivi) blocca la fuga all’estero

20 Feb 2024 16:49 - di Robert Perdicchi

C’è una pista cinese nel futuro di Stellantis: la cattiva notizia è che la tecnologia asiatica potrebbe soppiantare il nostro ‘Made in Italy’, la buona è che potrebbe dare lavoro agli italiani negli stabilimenti nostrani, Mirafiori, in particolare. Un’auto cinese costruita nello storico stabilimento Mirafiori di Torino, inaugurato da Fiat nel lontano 1939, potrebbe essere un “sacrilegio”, dal punto di vista industriale, ma un buon affare per la società e per l’Italia. La condizione posta dal governo Meloni durante la dura fase di confronto sul tema degli incentivi era che non si chiedessero soldi agli italiani per sostenere fabbriche ubicate all’estero per risparmiare sul costo del lavoro. Da qui la necessità di fare l’elettrico in Italia. Ecco che l’indiscrezione, anticipata da Automotive News, conferma come dal 2026 l’impianto sabaudo potrebbe avviare la produzione di 150 mila vetture elettriche a marchio Leapmotor dopo l’acquisizione del 20% del marchio cinese nel 2023, a fronte di un pagamento di circa 1,5 miliardi di euro.  L’arrivo dell’auto cinese in Italia comporterebbe la nascita di Leapmotor International controllata al 51% da Stellantis e al 49% da Leapmotor, per la produzione di veicoli elettrici di prossimità urbana, vendita ed esportazione.

In serata, Stellantis fa capire che ci sono tutte le possibilità affinché gli incentivi vengano utilizzati per la produzione della 500 elettrica. Una mezza smentita della pista cinese. Stellantis “è convinta, ed ha i piani per farlo, che con l’avvio del nuovo piano incentivi italiano ci sia la possibilità di aumentare la produzione a Mirafiori della 500 elettrica, riportandola a numeri che gli spettano per il gioiello che è”, n una nota l’azienda al termine dell’incontro convocato a Palazzo Civico a cui hanno partecipato anche esponenti sindacali e delle associazioni fattoriali. “Così come il futuro di questa iconica vettura elettrica, e le sue naturali evoluzioni che arriveranno nell’ambito del Piano strategico Dare Forward 2030, sarà sempre legato alla città di Torino che va considerata come la Casa della 500”, aggiunge l’azienda che al tavolo era rappresentata da Davide Mele, responsabile corporate affairs di Stellantis Italia, Daniele Chiari, responsabile relazioni istituzionali di Stellantis Italia, Giuseppe Manca responsabile delle risorse umane di Stellantis Italia.

Auto elettriche cinesi a Mirafiori, i primi sì dal sindacato

“Il settore dell’automotive è in trasformazione per cui si preannunciano investimenti, ma vanno gestiti bene. E’ una notizia positiva, speriamo che Mirafiori possa essere riempita di nuovi modelli e nuovi investitori. Noi abbiamo bisogno di tempi certi e di capire gli effetti sull’occupazione”, è il primo commento, a caldo, di Roberto Benaglia, segretario della Fim. “Sarebbe opportuno che la smettessimo di fare queste discussioni sui giornali, mentre sarebbe opportuno che finalmente venisse convocato un tavolo di confronto a cui alle parole ci metta anche la faccia. Noi abbiamo sempre detto se ci sono le condizioni per fare un investimento su Mirafiori, anche di auto elettriche anche con partnership con altri soggetti non è un problema”, sottolinea il segretario della Fiom, Michele De Palma, parlando dell’ipotesi di un investimento per un’auto elettrica tra Stellantis e un parner cinese, a margine della presentazione della piattaforma dei metalmeccanici.

”Oltre al produttore Stellantis, comunque bisogna lavorare a trovare altri produttori in grado di garantire la produzione dell’automotive nel nostro Paese – aggiunge De Palma – C’è bisogno che la presidente del Consiglio finalmente convochi a palazzo Chigi l’Ad di Stellantis e non ci parliamo più dai giornali e magari facciamo un accordo”.

“Vogliamo sapere se questa produzione con i cinesi racchiude un’ipotesi di collaborazione e cosa significa. Noi non abbiamo bisogno di auto cinesi ma di valorizzare i nostri stabilimenti e i marchi italiani”, è invece il parere critico di Rocco Palombella, segretario generale della Uilm.

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