Mafia, condannata a 13 anni Lorenza Lanceri, la locandiera di Messina Denaro: lo accudì per anni

12 Gen 2024 18:25 - di Eugenio Battisti

È arrivata oggi la condanna per Lorena Lanceri, la locandiera di Matteo Messina Denaro che per anni ha accudito il boss durante la latitanza. Il gup di Palermo l’ha condannato a 13 anni e 8 mesi in abbreviato, per concorso esterno in associazione mafiosa. Condannato, invece, a 6 anni e 8 mesi  il marito Emanuele Bonafede, imputato di favoreggiamento e procurata in osservanza della pena. A Lanceri, legata sentimentalmente al capomafia, era stato contestato inizialmente il favoreggiamento. Nel corso delle indagini poi l’accusa è stata modificata.

Messina Denaro, condannata a 13 anni la locandiera del boss

Secondo quanto riferito dagli inquirenti, la Lanceri era stata legata sentimentalmente al superlatitante capo di Cosa Nostra. I due, dunque, avevano un rapporto molto stretto. Secondo i giudici la coppia avrebbe ospitatoil boss nella loro abitazione di Campobello di Mazara. E gli avrebbero consentito “di trascorrere molte ore in piena tranquillità e in loro compagnia in un contesto domestico–familiare. Ma anche, e soprattutto, di incontrarsi con numerose persone. E di entrare ed uscire dalla loro abitazione effettuando accurati controlli per ridurre il rischio di essere avvistato dalle forze dell’ordine”.

Si complica la posizione di Giovanni Luppino

Si complica anche la posizione processuale di Giovanni Luppino, arrestato insieme a Messina Denaro il 16 gennaio scorso e accusato, tra l’altro, di aver fatto da autista al capomafia. Un imprenditore trapanese ha deposto al processo in cui Luppino risponde di associazione mafiosa. E ha raccontato che l’imputato, nel novembre del 2022, pochi mesi prima della cattura del boss, gli chiese il pizzo per conto del padrino di Castelvetrano.

A incastrarlo la testimonianza di un imprenditore

Luppino, alla scorsa udienza, aveva chiesto di essere sentito dal gip. “Andrea Bonafede, mio compaesano che non frequentavo abitualmente nel 2020 mi presentò un uomo, sostenendo che fosse suo cugino e chiedendomi di accompagnarlo a Palermo per delle cure”, aveva detto. Un giorno, però, il passeggero, conosciuto col nome di Francesco, si sentì male durante uno dei viaggi per il capoluogo. E all’invito di Luppino di andare in ospedale avrebbe detto: “portami a casa, sono Messina Denaro non posso andare in ospedale”.

Ha accompagnato per 50 volte il boss in ospedale

Da allora, “per ragioni umanitarie”, sapendo che il boss era gravemente malato, l’imputato l’avrebbe continuato ad accompagnarlo alle terapie. Il padrino gli avrebbe, di volta in volta, lasciato nella cassetta delle poste un biglietto con l’orario dell’appuntamento successivo. Una versione che, per gli inquirenti, fa acqua da più parti. Luppino ha negato di aver rapporti di frequentazione con Bonafede e con la cugina Laura, altra favoreggiatrice del boss. Ma gli investigatori hanno scoperto che la donna ha battezzato i figli dell’imprenditore. Dalle analisi delle celle telefoniche dell’autista risulta, inoltre, che questi avrebbe portato il capomafia in clinica per ben 50 volte in due anni.

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