Via Poma, clamorosa rivelazione a Quarto Grado: “Il capo di Simonetta Cesaroni stuprò una dipendente”
”Nel 1990 mia sorella è stata abusata dall’avvocato Francesco Caracciolo di Sarno”. La trasmissione ”Quarto Grado”, in onda su Retequattro, raccoglie una testimonianza clamorosa sul delitto di via Poma. Una testimonianza che coinvolge l’avvocato Caracciolo, allora presidente dell’Associazione Alberghi della Gioventù per cui lavorava come contabile Simonetta Cesaroni.
Via Poma e l’avvocato dei misteri
A 33 anni dal delitto parla per la prima volta un uomo, oggi 55enne: ”Mia sorella aveva al tempo 20 anni. Era molto bella. Era il 1990, pochi mesi prima dell’omicidio di Simonetta”. Il testimone prosegue nel racconto: ”L’avvocato Caracciolo la assunse per dargli una mano a studio, a mettere a posto faldoni. Lei era ragioniera”.
Una violenza mai espressa al tempo dalla ragazza perché ”l’avvocato la minacciò che se avesse parlato avrebbe licenziato i miei genitori, che lavoravano per lui”. Solo anni dopo, quando il rapporto di lavoro finisce, nel 1999, la sorella racconta tra le lacrime alla famiglia l’abuso subito. Ma si decide, per paura di ritorsioni dell’avvocato, poi deceduto nel 2016, di non denunciare un fatto ormai appartenuto al passato. Oggi però il testimone, intervistato da ”Quarto Grado”, è stato ascoltato anche dalla Procura di Roma. Gli inquirenti hanno subito convocato la sorella, che ha confermato gli abusi. La Procura ha quindi aperto un nuovo fascicolo.
La violenza sessuale mai denunciata dalla ragazza
Per l’ora e il giorno di quel 7 agosto 1990, l’alibi all’avvocato Caracciolo di Sarno venne fornito dalla figlia Giulia e dalle amiche di lei Barbara Persico e Sabrina Pignataro, dopo che già in agosto Caracciolo aveva già dichiarato di avere avuto un appuntamento con loro. L’avvocato accompagnò le ragazze, che dovevano imbarcarsi su un volo per Rodi, all’aeroporto di Fiumicino. Proprio di recente su Caracciolo, morto nel 2016, sono affiorati alcuni dubbi sull’alibi.
La commissione Antimafia in un passo del documento trasmesso alla Procura di Roma e che riguarda il caso del delitto di via Poma, dove il 7 agosto del ’90 fu uccisa Simonetta Cesaroni. Cita infatti, un appunto scritto nel gennaio del 1992, e redatto da un commissario di polizia per il dirigente della Digos e con “dichiarazioni fondate su elementi raccolti nell’ambiente del quartiere Prati tra persone evidentemente informate dei fatti: tali elementi concernono la posizione dell’Avvocato Francesco Caracciolo di Sarno, Presidente del comitato regionale dell’Aiag all’epoca dei fatti”.
L’avvocato Caracciolo di Sarno e i sospetti di un agente messi neri su bianco
Insomma “dall’appunto emergerebbe che il Di Sarno, oggi deceduto, si trovava in Roma nelle ore del pomeriggio del 7 agosto”. E l’appunto – si sottolinea – che è stato redatto da un funzionario di pubblica sicurezza “sarebbe peraltro ancora oggi suscettibile di essere ascoltato su quanto ha memoria di aver recepito dai soggetti sentiti all’epoca – evidenzia tre fatti: che il Di Sarno era a Roma e non a Tarano, né ad accompagnare parenti all’aeroporto, come ha sempre dichiarato nel corso dei cicli di indagine e al processo Busco; che egli rientrò nello stabile presso il quale risiedeva, in via Largo della Gangia, n. 5, vicino pochi metri rispetto all’edificio di Via Poma ove è accaduto il delitto, nel pomeriggio del 7 agosto 1990; che lo stesso Francesco Caracciolo di Sarno ritenne opportuno rivolgersi in modo piuttosto inusitato alla portiera dello stabile di cui sopra, riferendo piuttosto artatamente, delle proprie intenzioni e segnatamente di essere in procinto di incontrare la figlia all’aeroporto di Fiumicino. La portiera, signora Bianca Limongiello, si sarebbe meravigliata di tale fatto poiché il Caracciolo era per solito di modi piuttosto alteri ed arroganti. Viene riferito che a quell’altezza di tempo del pomeriggio in cui, più o meno si colloca il delitto, il Caracciolo avrebbe fatto ritorno in casa “con un pacco mal avvolto” e con un visus definito come “affannato”.
Via Poma, i verbali dell’Antimafia: “Il capo di Simonetta Cesaroni mentì reiteramente”
Inoltre, sarebbe riuscito dalla sua abitazione con una grossa borsa. “La Limongiello, interrogata solo il 31 maggio 2005, ha confermato alcune delle circostanze addotte dal commissario Belfiore nell’appunto redatto nell’inverno del 1992. In particolare ha senz’altro testimoniato la presenza dell’avvocato Caracciolo presso la sua abitazione, ubicata in via Largo della Gancia, nel corso della notte del 6 agosto. Anche Giuseppa De Luca – portiera di via Poma 2, moglie di Pietrino Vanacore – nella testimonianza dell’8 agosto 1990 aveva riferito di averlo visto la sera del 6 agosto presso lo stabile. Ambedue le testimonianze, se vere, dimostrerebbero che Caracciolo mentì reiteratamente asserendo di essere giunto a Roma da Tarano nel pomeriggio di martedì 7 agosto”. Ora la nuova testimonianza, che potrebbe dare una svolta definitiva al caso.
Ammesso che si scopra qualcosa, non ci saranno condanne: i sospettati sono morti!