Povero Giannini, da erede di Scalfari a scartina della Stampa: “Mi ero opposto all’Onda Nera…”

7 Ott 2023 14:54 - di Lucio Meo

Non funzionava il giornale-fotocopia di “Repubblica“, non funzionava il giornale della sinistra pane e antifascismo, non funzionava il direttore “militante” che andava in tv a dare versioni personali sulla politica italiana, non funzionavano i tentativi di tirare per la giacchetta il Capo dello Stato beccandosi rettifiche e smentite. Ma soprattutto, non funzionava Massimo Giannini, le sue vendite in calo, il suo snobismo intellettuale verso il mondo dei moderati, dei conservatori, la sua idea di giornale che si staccava dal territorio per proiettarsi sui grandi temi internazionali.

Ecco perché gli Elkann e la Gedi lo hanno di fatto “silurato” in largo anticipo rispetto ai tempi previsti, lasciando le redini della Stampa a un uomo-macchina, Andrea Malaguti, oggi vicedirettore vicario del quotidiano torinese. Malaguti firmerà il giornale a partire da oggi, sabato 7 ottobre. Giannini tornerà a Repubblica, il quotidiano romano dove è cresciuto sino a diventare vicedirettore negli anni di guida di Ezio Mauro, «con il ruolo di editorialista e commentatore, oltre che autore di podcast». Magra consolazione, per chi si era forse convinto di poter essere l’erede di Eugenio Scalfari… 

Giannini lascia la Stampa vantando le sue battaglie da sinistra

Nel suo editoriale di addio, Massimo Giannini parla dei momenti chiave che si è trovato a fronteggiare nei tre anni e mezzo della direzione, dalla pandemia, e al virus No-Vax che ha infestato la Rete e purtroppo anche parte della politica, “alla sporca guerra di Putin, che ha riportato l’orrore in Occidente”. Ma ciò di cui si vanta di più, Giannini, è l’opposizione preconcetta alla destra: “Poi, in Italia, è arrivata Giorgia Meloni, e il Paese ha vissuto un netto cambio di fase, di clima, di prospettiva. Di fronte all’Onda Nera, com’è stata definita dai politologi dopo il voto del 25 settembre 2022, abbiamo esercitato il nostro giudizio critico, a tratti anche aspro, ogni volta che il nuovo governo e la nuova classe dirigente hanno diffuso proclami o varato misure a nostro parere in aperto contrasto con le radici e le matrici culturali in cui questo giornale ha sempre creduto. La libertà e l’uguaglianza, la solidarietà e la tutela dei principi fondamentali, i diritti sociali e quelli civili. In una parola, la nostra Costituzione repubblicana, da troppo tempo inattuata ma oggi spesso disattesa, contraddetta o addirittura violata“.

L’ossessione per la Meloni, il fascismo e il sovranismo

Giannini manifesta, anche nel suo commiato, un’ossessione per la Meloni e per quella nostalgia del fascismo che solo lui e qualcuno del Pd, che hanno portato la sinistra alla sconfitta elettorale, continuano ad esprimere: “Abbiamo sempre riconosciuto che la ‘Sorella d’Italia’ – come ci siamo abituati a chiamarla, con tutto il rispetto – ha stravinto le elezioni dello scorso anno, è stata scelta e votata dai cittadini italiani, e dunque rappresenta il governo legittimo del Paese. Ma proprio in virtù di questa consapevolezza  di fronte a questa nuova destra al potere abbiamo cercato di sollecitare il superamento delle rimozioni storiche, dei ritardi culturali, dei rigurgiti ideologici, delle forzature normative… l’abbiamo fatto perché crediamo che questa Italia – come ieri aveva un disperato bisogno di una sinistra “normale” e moderna, democratica e non più comunista – oggi abbia ugualmente bisogno di una destra altrettanto normale e moderna. Cioè repubblicana e antifascista, europeista e non sovranista...”.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *