Don Coluccia, il prete eroe che lotta contro la droga e la solidarietà pelosa di Gualtieri
Don Antonio Coluccia ieri ha rischiato di morire. Il coraggioso sacerdote che si batte contro la mafia e contro la droga a Roma è stato vittima di un vero e proprio attentato a Tor Bella Monaca da parte di un giovane bielorusso che ha cercato di investirlo con una macchina. Fortunatamente, il fatto che avesse la scorta gli ha salvato la vita. Proprio un agente della sua scorta è riuscito a sventare l’attacco e ha dovuto finanche sparare. Un episodio davvero inquietante ma non certo sorprendente, atteso che il business della droga a Roma vale oltre un miliardo di euro l’anno, e che ha fatto registrare la solidarietà di tanti esponenti istituzionali.
Piantedosi, Pisani e Colosimo al fianco di Don Coluccia
Subito dopo l’accaduto, il ministro Piantedosi e il capo della polizia, Vittorio Pisani, hanno telefonato al “prete indigesto”, come recita il titolo di un libro dedicato al sacerdote e scritto da Riccardo Bocca. E’ probabile che il prefetto decida di aumentare la protezione intorno a Don Coluccia. La stessa cosa ha fatto Chiara Colosimo, presidente della commissione parlamentare antimafia. Ovviamente le indagini sull’attentato mettono in correlazione sia la procura ordinaria che quella antimafia, che stanno insieme lavorando per scardinare ulteriormente il business della droga romana, una catena di affari che trascina con sé vittime ogni giorno.
A Tor Bella Monaca 11 piazze di spaccio e l’alleanza con la camorra
Con undici clan e famiglie malavitose che controllano e gestiscono le otto piazze di spaccio di droga, Tor Bella Monaca è nella Capitale il territorio che è stato maggiormente “colonizzato” dalla malavita. Un business criminale, quello della vendita di droga in mezzo alla strada, che porta nelle tasche delle organizzazioni criminali milioni di euro al mese che vengono riciclati nell’usura e investiti in attività commerciali, come bar, ristoranti, autonoleggi, solarium e rivendite di autoveicoli. Lo confermano le inchieste coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Roma, che hanno più volte evidenziato il potere economico dei clan di Tor Bella Monca. La Polizia di Stato l’Arma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza, hanno eseguito nel corso degli ultimi anni, centinaia di ordinanze di custodia cautelare in carcere che hanno riguardato esponenti della famiglie di narcotrafficanti affiliate alla camorra che si sono radicate dagli anni ’80 a Tor Bella Monaca. Il modello della piazza di spaccio, che in via dell’Archeologia esiste da almeno 30 anni, venne “fondata” dal clan Moccia di Afragola, che si stabilì al Casilino insieme ai Senese dopo la “guerra” di camorra.
La Russa: “Nessuno fermerà Don Coluccia”
“L’opera che da molto tempo si svolge don Antonio Coluccia nelle periferie di Roma sia a favore di coloro che vivono il dramma della dipendenza dalle droghe che nel quotidiano contrasto agli spacciatori di morte, è tanto difficile quanto preziosa. Sono certo che quanto avvenuto ieri sera a Tor Bella Monaca non fermeranno le sue battaglie a favore della legalità e della vita. A lui e agli uomini della sua scorta giunga la mia piena e convinta solidarietà”. Lo dichiara in una nota il presidente del Senato Ignazio La Russa.
Rocca: “Vicini a Don Coluccia, lotta alla mafia senza soste”
“Sono esterefatto per l’aggressione ai danni di Don Coluccia. Esprimo a lui la vicinanza e agli agenti della scorta feriti gli auguri di pronta guarigione. È intollerabile assistere a simili episodi nella Capitale. Non arretriamo di un passo nella lotta alla violenza e alla mafia”. Così sui social il presidente della regione Lazio Francesco Rocca.
Le amnesie del sindaco di Roma
Anche Roberto Gualtieri, sindaco di Roma, ha telefonato al prete antidroga esprimendogli tutta la sua solidarietà. E qui entrano in gioco le amnesie del primo cittadino, ricordate anche dal vicecapogruppo alla camera di FdI, Alfredo Antoniozzi, sulla questione droga. Il comune capitolino non ha nessun progetto di prevenzione serio. Non va nelle periferie, non effettua interventi sulle strade frequentate dai giovani. Ma, ancora di più, non si è addirittura nemmeno costituito parte civile nel procedimento contro Giandavide De Pau, il killer di Prati che uccise tre povere prostitute straniere nel novembre scorso. De Pau non è uno qualsiasi ma l’autista di Michele Senese, ritenuto il capo dei narcotrafficanti romani. Se una città come Roma non si costituisce parte civile in un procedimento del genere, significa che la solidarietà a Don Coluccia è semplicemente retorica ed ipocrita. Senza parte civile è probabile che De Pau la possa fare di nuovo franca, come successo in passato, grazie a perizie su cui è opportuno tacere.
L’assenza del Comune pesa
Tutte le grandi metropoli hanno problemi di diffusione della droga. Non è certo colpa di Gualtieri se esiste la droga a Roma, ma il Comune non fa assolutamente niente in materia di sicurezza. Non ha sistemi di videosorveglianza capaci e non sostiene, per quanto di sua competenza, il lavoro delle forze dell’ordine. Se poi non sente nemmeno il bisogno di costituirsi parte civile contro un uomo come De Pau(che aveva venti grammi di cocaina in tasca quando uccise le tre donne) allora il quadro è completo. Peraltro, nessun’associazione di femministe è intervenuta per criticare il primo cittadino: forse quando al comando c’è il Pd i problemi non esistono. Oppure, semplicemente non si vedono.