Vingegaard, il giallo della maglia gialla: il danese è troppo forte per tutti e alimenta i soliti sospetti
Jonas Vingegaard è troppo forte e il Tour de France è ormai nelle sue mani. La grande Boucle sarà sua per il secondo anno consecutivo e visto come corre , in salita e a cronometro, e l’età che ha, è possibile immaginare che in futuro batta ogni record. Un successo che si porta dietro qualche qualche “voce” (per ora del tutto ingiustificata) di doping.
Tutti sospetti puntualmente smentiti perché il campione scandinavo ha superato ogni test antidoping. E le ombre che si addensano sul suo conto riportano le maldicenze nel ciclismo, per quanto la più grande corsa a tappe del mondo abbia dovuto affrontare in un passato non troppo lontano il trauma della scoperta del grande baro, quel Lance Armstrong vincitore di sette edizioni consecutive rivelatosi, alla fine, un dopato.
Il fenomeno Vingegaard e la spiegazione logica”
Un anno fa quando trionfò agli Champs Elysées, il danese chiuse con una media di 42 km/h, la più alta della storia del Tour de France, media più veloce anche di quella del 2005, anno in cui Lance Armstrong trionfò per la quinta volta di fila a 41,654 km/h. Il titolo dello statunitense poi fu cancellato per doping. Vingegaard possiede il secondo VO2max mai registrato tra gli sportivi agonistici. Il VO2max è il massimo volume di ossigeno consumato in un minuto in millimetri. Meglio di Vingegaard ha fatto solo Oskar Svendsen, ex ciclista norvegese che nel 2012 fece registrare 97.5 ml/minuto contro i 97 del campione del Tour. L’entourage del fuoriclasse di Copenaghen risponde alle insinuazioni parlando di genetica e di un lavoro quotidiano enorme. E le voci malevole restano assolutamente tali, considerando che a ogni controllo antidoping è risultato negativo.
La “borraccia” di Coppi e il caso Pantani
All’epoca dei trionfi di Fausto Coppi si ironizzava sulla sua borraccia che pare risultasse composta da un misto di grano e orzo. Anquetil fu sospettato di barare e lo stesso accadde con Merckx che subì l’ingiustizia di una squalifica al giro d’Italia del 1969 per avere assunto un farmaco vietato senza alcuna intenzione di doparsi. Di Francesco Moser e del suo rapporto con il discusso Conconi nel 1984( anno in cui stabilì il record dell’ora e vinse il giro d’Italia) è stato detto tutto. Moser praticava l’autoemotrasfusione, allora consentita ma poi successivamente vietata. Ma il mistero più grande resta quello di Marco Pantani. Per molti “il Pirata” era il corridore più forte, dai tempi di Merckx, visto in montagna. Il 1999 fu squalificato a Madonna di Campiglio mentre stava dominando il giro. L’anno prima aveva fatto l’accoppiata con il Tour riuscita solo a pochissimi ciclisti.
Pantani venne fermato per un ematocrito risultato alto anche se, successivamente, fu detto che il valore era nei limiti, a 48. L’ultima commissione antimafia, presieduta da Nicola Morra, ha addirittura chiamato in causa un complotto dei clan contro il campione romagnolo. Da quella giornata di Madonna di Campiglio iniziò il calvario di Pantani, l’assunzione di cocaina e una depressione che lo portarono alla morte( mai del tutto chiarita nelle cause) del 2004. Una tragedia che ancora oggi pesa nella storia dello sport italiano.