Strage di Erba, sotto inchiesta il magistrato che chiede la riapertura del caso: “Ha violato le regole”

18 Lug 2023 11:39 - di Lorenza Mariani
Strage di Erba

Adesso è lui a finire sotto provvedimento disciplinare. Dopo aver chiesto nei mesi scorsi la riapertura dell’inchiesta sulla strage di Erba, nei confronti del sostituto procuratore di Milano Cuno Tarfusser, la dirigente della Procura generale di Milano, Francesca Nanni, ha avviato il provvedimento firmando un esposto contro di lui per avere depositato la richiesta di revisione del processo «violando il documento organizzativo dell’ufficio». Ossia, non per la fondatezza o meno della messa in dubbio degli ergastoli, ma per il modo di farlo.

Strage di Erba, sotto accusa il giudice che ha chiesto la riapertura del caso

Il Corriere della Sera riporta la notizia, spiegando che il procedimento disciplinare che ha avviato la Procura generale della Cassazione contesta al giudice di aver «violato i doveri di correttezza, riserbo ed equilibrio», quando il 31 marzo Tarfusser depositò di propria iniziativa in cancelleria la richiesta di revisione della condanna definitiva di Olindo e Rosa. Una mossa fatta, a detta di chi oggi la contesta legalmente e come spiega il sito di SkyTg24, «in palese violazione del documento organizzativo dell’ufficio che assegna all’Avvocato generale e al Procuratore generale (che in caso di dissenso ha l’ultima parola) la facoltà di richiedere la revisione di sentenze» qualora sopravvengano nuove prove dell’innocenza.

La Cassazione ha avviato un procedimento disciplinare sul sostituto procuratore di Milano Tarfusser

Sempre secondo quanto riporta il Corriere della Sera, Cuno Tarfusser è stato già interrogato dalla Corte di Cassazione. Il sostituto pg milanese, sotto inchiesta disciplinare per aver tenuto per mesicontatti con i difensori Fabio Schembri e Paolo Sevesi. Per aver ricevuto da loro ricevuto consulenze scientifiche su asserite nuove prove a favore dei coniugi Romano-Bazzi. Tutto depositando in cancelleria, di propria iniziativa, la richiesta di revisione del processo, sostenendo che tre prove scagionerebbero Olindo e Rosa. Un iter per cui oggi la Procura lo accusa di aver condotto procedure senza alcuna delega dal capo. Tappe culminate in una richiesta di revisione degli ergastoli inflitti alla coppia alla sbarra, rimettendo in discussione con un percorso oggi formalmente impugnato. E anni di accuse, testimonianze, dibattimenti, processi e sentenze sulla strage di Erba.

Strage di Erba, un massacro che rinnova il suo orrore ad ogni nuovo capitolo giudiziario

Un massacro in cui vennero brutalmente assassinati Raffaella Castagna, il figlio di solo 2 anni Youssef Marzouk, la nonna del piccolo, Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini. E scaturito, secondo l’accusa, dai rapporti sempre peggiori tra i coniugi Romano e Raffaella Castagna. Contro Olindo e Rosa aveva testimoniato in aula l’unico sopravvissuto della strage, Mario Frigerio, che poi morì qualche anno dopo, nel 2014. E a marzo, contro l’irruzione sulla scena di Tarfusser, dopo il clamore che si è riacceso sul caso con il sostituto procuratore di Milano, è esplosa anche la rabbia dei familiari delle vittime.

Oggi il provvedimento disciplinare per Tarfusser, alla richiesta di riapertura dell’inchiesta la rabbia dei familiari delle vittime

Come per i fratelli Beppe e Pietro Castagna – che nella strage hanno perso la madre, la sorella e il nipote di 2 anni –. E che ancora nei mesi scorsi, in lungo post di sfogo, tra indignazione e amarezza hanno denunciato: «Ogni anno, da quindici e più anni, dobbiamo sopportare campagne innocentiste su giornali. Su canali tv. Da parte di trasmissioni che non si sono fatte neanche problema ad additarci come reali mandanti o esecutori. Adesso arriva anche il sostituto procuratore…». Concludendo poi laconicamente: «La loro condanna sta diventando la nostra condanna»…

Il magistrato si difende da rilievi e provvedimento

Da parte sua, sempre dal Corriere della sera, Tarfusser si difende e, interrogato a Roma dal sostituto procuratore generale di Cassazione, Simone Perelli, ribadisce al collega la propria imparzialità nell’accertare anche possibili circostanze a favore degli imputati. Respinge i rilievi, spiegando di aver chiesto di parlare con la dirigente della Procura generale prima di depositare gli atti, anche se lei sostiene che non gli era stato riferito il motivo per il quale era stato chiesto l’incontro. Infine, bolla come “assurdo” il dover fare dipendere la sorte di due ergastolani dall’interpretazione di un regolamento interno. Ora la parola passa alla Cassazione: che dovrà decidere se far processare o meno Tarfusser dalla sezione disciplinare del Csm.

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