Francia, De Benoist: “Il multiculturalismo ha fallito: la perdita dell’identità genera rabbia e violenza”
Dietro le rivolte in Francia c’è il fallimento del multiculturalismo, ma non solo. C’è anche “la prova di un Paese diviso e frammentato, non a causa degli immigrati, ma a causa di un’ideologia dominante che ha sostituito la legge del profitto alle regole morali nella popolazione generale”. È l’analisi di Alain De Benoist, scrittore, filosofo e fondatore della Nouvelle Droite, che dunque giudica “miopi”, benché “in parte vere”, sia le letture che parlano di “rivolta sociale” sia quelle che parlano di “rivolta etnica”.
De Benoist analizza le cause delle rivolte in Francia
“In una società dominata dai valori del mercato, che creano strutturalmente le condizioni per la frammentazione e il disfacimento sociale, non dovrebbe sorprendere che nessuno si preoccupi del bene comune”, ha detto De Benoist in un’intervista al Giornale. “Per quarant’anni sono stati investiti decine di miliardi di euro nella ‘politica urbana’ e nel recupero dei ‘quartieri difficili’, senza alcun risultato”, ha detto, avvertendo che “la guerriglia urbana non è guerra civile”. Per De Benoist, “in generale sono le interpretazioni strettamente politiche che si dimostrano incapaci di comprendere la piena misura del problema”.
“I rivoltosi non hanno richieste da fare, vogliono solo distruggere”
“Le attuali rivolte urbane – ha aggiunto – non sono di natura politica. I rivoltosi non hanno richieste da fare. Vogliono solo distruggere e saccheggiare. Quando i rappresentanti della sinistra o dell’estrema sinistra si recano nei quartieri residenziali per far capire che ‘comprendono la rabbia’ dei rivoltosi, sono espulsi o ricevono sputi in faccia!”. “La popolazione francese ha perso il senso di appartenenza a una comunità. I rivoltosi ne hanno uno, o credono di averne uno”, ha proseguito il filosofo, per il quale “la crisi d’identità francese ha radici antiche” ed “è il risultato dell’influenza di un’ideologia al tempo stesso individualista e universalista basata sul credo che le persone siano ‘uguali dappertutto’ e che i fattori etno-culturali siano irrilevanti”. “Nessuna società può risolvere i suoi problemi aggiungendo solo contratti legali e scambi commerciali”, ha commentato.
Il ruolo della perdita dell’identità nella radicalizzazione delle seconde e terze generazioni
Alla perdita dell’identità va attribuita per De Benoist anche la radicalizzazione delle seconde e terze generazioni. “Queste rivolte – ha rilevato – non sono mai il risultato di immigrati di prima generazione, che sono arrivati in Francia volontariamente mantenendo una chiara consapevolezza delle origini, e quindi dell’identità. Gli immigrati di seconda, terza e quarta generazione si considerano algerini, maliani, marocchini, senegalesi anche quando hanno la nazionalità francese, ma non sanno praticamente nulla dei Paesi da cui provengono i loro genitori o nonni. Non si sentono francesi, ma hanno solo un’identità alternativa artificiale o fantasiosa. La loro frustrazione è totale. Possono esprimere ciò che sono solo attraverso la violenza e la distruzione”.
Ma “la storia è imprevedibile: tutto può provocare una reazione di senso opposto”
De Benoist, per il quale in assenza di risposte adeguate ciò che avviene oggi in Francia potrebbe avvenire anche in Italia, comunque non è detto che l’identità francese sia destinata a sparire per sempre. “Mai dire mai!”, ha risposto a una domanda sul tema di Francesco Giubilei, che firma l’intervista. “I vecchi Paesi europei hanno attraversato prove ben peggiori in passato e si sono sempre ripresi. Qualsiasi cosa accada ha il potenziale per provocare una reazione in senso opposto. La storia è imprevedibile. È per definizione – ha concluso il filosofo – il dominio dell’imprevisto”.