Processo per la bimba morta di stenti, teste: «In casa niente cibo per Diana, solo abiti della madre»

5 Giu 2023 18:56 - di Redazione
Diana

Frigo vuoto, guardaroba pieno. Emergono novità raccapriccianti al processo che vede imputata Alessia Pifferi con l’accusa di omicidio volontario pluriaggravato nei confronti della figlia Diana, 18 mesi, morta di stenti dopo essere stata abbandonata per due giorni. Un misto di indifferenza e crudeltà che riporta alla mente “Balocchi e profumi“, struggente canzone degli anni ’50, interpretata anche da Claudio Villa e Nilla Pizzi, che racconta di una bambina trascurata da una madre frivola ed egoista. Con la differenza che qui la bimba muore di malattia e non di stenti e che la madre, ormai pentita, le è accanto nel momento del trapasso.

La madre è accusata di omicidio volontario pluriaggravato

Alla piccolissima Diana, invece, è toccato invece morire da sola, affogata nella sua irrimediabile disperazione da abbandono. E tormentata dalla mancanza di cibo. «Non c’erano alimenti per la bambina», ha infatti confermato nell’aula del tribunale la dirigente della polizia scientifica, Annamaria Di Giulio, una delle prime a varcare la soglia della casa di via Parea, a Milano, in quel maledetto 20 luglio dello scorso anno. Nel frigorifero, racconta la dirigente, «da mangiare c’era veramente poco: Coca Cola, acqua, un piatto di avanzi, una mela e una salsa di pomodoro». Sul mobile della stanza da letto in cui Diana è stata trovata morta, invece, «c’era un piccolo biberon, con un residuo di latte». La piccola, inoltre, era stata appena lavata.

Diana aveva solo 18 mesi

Ma non è finita, perché tra gli oggetti repertati dalla polizia scientifica nel giorno in cui entrarono nella casa della Pifferi figurano anche due valigie, lasciate all’ingresso. All’interno «solo vestiti da donna, almeno 30 abiti da sera», ma nessun indumento da bambini. In pratica, Diana era come se non esistesse, non fosse mai nata. Tra i testimoni escussi nell’udienza di oggi, ha deposto anche un ufficiale di polizia giudiziaria, anch’egli tra i primissimi  a intervenire in via Parea. Ha raccontato che all’arrivo degli agenti delle volanti, chiamati dal 118 dopo il ritrovamento della bimba morta, Alessia Pifferi era «seduta sul divano dell’ingresso, in evidente stato di agitazione».

 

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