“Bimba in mano a una bimba”: la difesa di Alessia Pifferi insiste sul ritardo mentale. Ma i Pm: sempre lucida e orientata

16 Mag 2023 16:07 - di Greta Paolucci
Alessia Pifferi

«Hanno messo una bambina in mano a una bambina». Sul caso di Alessia Pifferi, la 37enne in carcere con l’accusa di aver lasciato morire di stenti la figlia Diana di 16 mesi. Una bimba abbandonata per sette giorni nell’appartamento di Milano dove viveva con la madre, senza cibo né acqua. E dove è stata trovata senza vita. Eppure, l’ultima dichiarazione della legale della 37enne, Alessia Pontenani, mette sullo stesso piano madre e figlia, vittima e aguzzino. E riapre il vortice di ipotesi. Supposizioni. E interrogativi, sul perché di quella decisione fatale.

Alessia Pifferi, la difesa della donna insiste sul “grave ritardo mentale”

Dubbi che partono tutti comunque a un’unica certezza: la piccola Diana è morta di stenti. Abbandonata a se stessa per interminabili giorni di solitudine e agonia, a cui la mamma – accusata di omicidio aggravato – l’ha destinata assentandosi. Dunque, dopo le affermazioni messe nero su bianco dagli inquirenti al lavoro sul caso tra indagini e riscontri, l’avvocato di Alessia Pifferi torna al punto di snodo della vicenda. E prova a spiegare al termine dell’udienza di oggi che, in base ai risultati degli ultimi accertamenti medici svolti nel carcere di San Vittore e della consulenza di parte, l’imputata ha un «gravissimo ritardo mentale». Pari al quoziente intellettivo di «una bimba di 7 anni».

I medici del carcere: «Ha il quoziente intellettivo di una bimba di 7 anni»

Nel frattempo, la Corte d’Assise di Milano si è riservata di disporre una perizia sulle condizioni psichiche della donna all’epoca dei fatti all’esito dell’istruttoria dibattimentale. Una perizia che, da un lato vede incidere sul piatto della bilancia gli accertamenti dei medici di San Vittore. E su cui dall’altro, pesano come macigni le parole spese fin qui dai magistrati. Come quelle del gip Fabrizio Felice, che ancora ad ottobre, della donna scriveva: «Alessia Pifferi si è sempre dimostrata consapevole. Orientata e adeguata. Nonché in grado di iniziare un percorso, nei colloqui psicologici periodici di monitoraggio, di narrazione ed elaborazione del proprio vissuto affettivo ed emotivo».

Caso Alessia Pifferi, problemi mentali della donna: la Procura dissente

Non solo. Alessia Pifferi, hanno replicato i pm Francesco De Tommasi e Rosaria Stagnaro, è una «persona sanissima, talmente sana che ha pensato di scrivere dal carcere tante lettere ai media per parlare della sua vicenda e far parlare di sé». Insomma, la posizione della Procura è netta e chiara. E fin qui ha sempre evidenziato che in nessuna delle relazioni mediche agli atti sono contenuti elementi su problemi mentali della donna.

I pm, già nel primo interrogatorio appare «come una persona sempre lucida e orientata»

Così, a supporto di riscontri e convinzioni che guidano il loro operato, i pm hanno depositato ai giudici «l’audio e il video del primo interrogatorio della sera del 20 luglio in Questura». Testimonianze in cui «appare come una persona sempre lucida, orientata, capace di descrivere nel dettaglio, senza far trasparire particolari emozioni, poco dopo il ritrovamento del corpo di Diana».

Alessia Pifferi, un’enigma ancora da risolvere

Una documentazione processuale, quella che i pubblici ministeri hanno depositato, a cui si aggiungono anche le chat con messaggi tra la donna, in aula anche oggi, e una «serie di uomini», da cui «si desume che ha vissuto secondo una strategia ben precisa, chiara e lucida. Fatta di scelte di vita ben precise». Scelte che, nell’ultimo, tragico caso, secondo l’interpretazione dell’accusa l’avrebbero portata ad anteporre una relazione sentimentale alle sofferenze della figlia

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