Grasso, Roberti, Cafiero de Raho: se l’Antimafia diventa bacino di reclutamento della sinistra
Non si può dar torto a Daniele Capezzone quando evoca una sorta di chiamata alle armi dei “poteri neutri” per rosolare da qui alle elezioni europee del 2024 il governo Meloni. A cominciare, ça va sans dire, dalla magistratura. Di indizi in tal senso ce ne sono a iosa. Due giorni fa è intervenuto il capo nazionale dell’Antimafia Giovanni Melillo (nella foto), ieri il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia. Entrambi molto critici con la decisione dell’esecutivo di escludere la Corte dei Conti dal controllo concomitante sulla gestione del Pnrr. La denuncia dell’ex-deputato, oggi firma di punta de La Verità, ha dalla sua l’evidenza di fatti inoppugnabili.
Il rischio è togliere credibilità all’Antimafia
Che, con particolare riferimento all’allarme lanciato da Melillo, ci ricordano, ad esempio, come da tempo la Direzione nazionale antimafia che lui dirige funga impropriamente da bacino di reclutamento per le candidature della sinistra. Melillo è infatti oggi seduto sulla stessa poltrona occupata prima da Piero Grasso, poi da Franco Roberti e, infine, da Federico Cafiero de Raho. Ebbene, tutti e tre sono transitati in rapida successione dagli uffici giudiziari dell’Antimafia agli scranni parlamentari. E tutti con partiti di sinistra: Grasso, nel 2013, con il Pd. Lo stesso partito scelse Roberti per candidarsi a Strasburgo nel 2019 (dopo un anno da assessore regionale alla corte di Vincenzo De Luca), mentre Cafiero de Raho è entrato a Montecitorio nel 2022 in quota M5S.
A chi giova?
Un quasi automatismo, che semina corposi dubbi sulla natura delle prese di posizione, degli allarmi, delle analisi, delle sollecitazioni e persino delle supposizioni dispensate dall’alto dell’Antimafia. Tutte genuine o in parte condizionate da prospettive legate ad una second life da vivere fuori dalla super-Procura? Interrogativo pesante, certo, ma del tutto legittimo. E che rischia di seppellire, purtroppo, sotto una coltre di sfiducia le tanto rivendicate autonomia, imparzialità e indipendenza della magistratura. “Ma de che?”, verrebbe infatti da dire se una volta smessa la toga ci si infila in una casacca di partito? Il problema è tutto qui. Ed è grande come una casa poiché rischia di trasformare l’Antimafia in un organismo al di sotto di ogni sospetto. Cui prodest?