Terrorismo, Mattarella ricorda Pertini da Di Nella: “La storia italiana è scritta dalle vittime”

9 Mag 2023 13:53 - di Luciana Delli Colli
mattarella

“Ricordo ancora, con commozione, il Presidente Sandro Pertini, che si recò al Policlinico, dove era ricoverato, in coma irreversibile, Paolo Di Nella, per portare la sua solidarietà e compiere un gesto di pacificazione, rivolto ai giovani di opposte fazioni che, nelle nostre città, erano rimasti irretiti nella rete nefasta della violenza e della vendetta”. Nel corso della cerimonia per il Giorno della memoria delle vittime del terrorismo, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si è voluto soffermare sul ricordo di “alcune vittime, delle quali ricorrono anniversari significativi”. Fra questi, oltre a Di Nella, il capo dello Stato ha ricordato anche i fratelli Mattei.

Mattarella ricorda Pertini al capezzale di Di Nella

Per ciascuna delle vittime citate, Mattarella ha ricordato data e circostanze della morte, indicando anche la provenienza politica degli assassini. È in quel passaggio in più su Di Nella, sull’eredità morale che quella tragica morte ha consegnato all’Italia, però, che si riallacciano i fili del suo discorso, aperto con il ricordo della lezione di Aldo Moro, simbolo di questa ricorrenza fissata nella data in cui il corpo fu ritrovato a via Caetani: il 9 maggio. Aldo Moro, ha detto il capo dello Stato, fu “un uomo pervaso dall’amore e dal rispetto per la democrazia e per lo Stato, animato da spirito di libertà e di solidarietà”.

La denuncia delle “gravi deviazioni di elementi dello Stato” e “l’esigenza di conoscere la verità”

Mattarella ha parlato dei “terroristi”, dei “loro complici” e dei “cattivi maestri che hanno sostenuto e propagandato la violenza politica”, avvertendo che “è stata la reazione morale del popolo italiano a fare la differenza, nella lotta ai terrorismi e all’eversione, facendo prevalere la Repubblica e la sua legalità”. “Una giovane Repubblica si è trovata a fare i conti con il terrorismo politico; con le stragi, talvolta compiute con la complicità di uomini da cui lo Stato e i cittadini si attendevano difesa”, ha aggiunto ancora, denunciato le “gravi deviazioni compiute da elementi dello Stato, e per le quali avvertiamo tuttora l’esigenza, pressante, di conoscere la piena verità“. Ma, ha rivendicato il presidente della Repubblica, “lo Stato, le forze politiche e sociali, hanno saputo reagire, nonostante lo smarrimento iniziale, con coraggio e decisione alla sfida dei terrorismi”.

Sul terrorismo un racconto sbilanciato

“Si è molto parlato negli ultimi decenni dei terrorismi e dei terroristi”. Un tema approfondito sotto tutti i punti di vista: biografico, ideologico, storico e sociale. Mattarella quindi ha fatto riferimento agli innumerevoli approfondimenti accademici e divulgativi su questi aspetti di quella stagione, ricordando che invece “meno si è scritto e parlato della reazione unanime del popolo italiano”, dei servitori dello Stato, di chi in ogni luogo del vivere pubblico “ha opposto un no, fermo e deciso, a chi voleva ribaltare le regole democratiche”.

Mattarella: “Sono state le vittime e gli italiani, non i terroristi, a fare la storia italiana”

“Ancor meno – ha proseguito Mattarella – si è parlato del dolore, indicibile e irrecuperabile, delle famiglie a cui la lotta armata o i vili attentati hanno strappato un coniuge, un figlio, un genitore, un fratello o una sorella. Eppure – ha sottolineato – sono state queste persone, non i terroristi, a fare la storia italiana. A scriverne la parte decisiva e più salda. A esprimere l’autentico animo della nostra società e non la sua patologia e costituire un patrimonio collettivo di memoria e di esempio per tutte le generazioni”. Le vittime del terrorismo, ha detto ancora il presidente della Repubblica, “parlano a tutti noi, parlano ai nostri giovani, sollecitandoli a fare delle istituzioni il luogo autentico del confronto politico, a non lasciarsi accecare dall’odio né tentare dalla violenza per imporre le proprie convinzioni”.

Il monito contro le “modalità patologiche” che trasformano l’avversario “in nemico da abbattere”

“La Repubblica – ha proseguito il presidente – ha saputo produrre i suoi anticorpi, ben sapendo che un clima di scontro violento, parole d’odio, l’avversario trasformato in nemico da abbattere, costituiscono modalità patologiche della contesa politica che, oggi come allora, si devono condannate e respingere con decisione”.  “La democrazia della nostra Repubblica si nutre di tolleranza, di pazienza, di confronto, di rispetto. È una strada che a taluno appare lunga e faticosa, ma è l’unica di progresso della convivenza. L’unica capace di ottenere e mantenere nel tempo pace, serenità, benessere, diritti a tutti i cittadini”. “È questo – ha concluso Mattarella – l’insegnamento che ci proviene dalle tante, troppe vittime del terrorismo e dell’eversione. Intorno alla loro memoria ci stringiamo oggi commossi per ribadire con determinazione: mai più violenza politica, mai più stragi”.

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