Messina Denaro sfida i giudici: “Di Cosa nostra ho letto sui giornali. Ho beni? Non lo dico a voi”

9 Mag 2023 20:00 - di Penelope Corrado
Messina Denaro, processo

«Mi chiamo Matteo Messina Denaro, lavoravo in campagna ed ero un agricoltore. La residenza non ce l’ho più perché il Comune mi ha cancellato. Ormai sono un apolide. Le mie condizioni economiche? Non mi manca nulla. Avevo beni patrimoniali ma me li avete tolti tutti. Se ancora ho qualcosa non lo dico, mica sono stupido».

Era rimasto inedito fino a questo momento l’interrogatorio del boss Matteo Messina Denaro sentito il 21 febbraio scorso dal gip Alfredo Montalto e dal pm Gianluca De Leo nell’ambito di un procedimento penale in cui il capomafia risponde di estorsione aggravata. Toni bruschi, a tratti irriverenti, il boss resta fedele al suo personaggio. «Non faccio parte di nessuna associazione e quello che so di Cosa nostra lo so tramite i giornali», dice tra l’altro l’ex super latitante.

In questo procedimento, Messina Denaro è indagato per una tentata estorsione aggravata nei confronti di una proprietaria terriera, Giuseppina Passanante, figlia di un vecchio boss, che era stato il prestanome di Messina Denaro. E ci tiene a parlare solo di questo caso, perché il boss si ritiene “defraudato” dalla figlia del suo vecchio prestanome.

«Vengo a sapere che lei (Passanante, ndr) stava vendendo il terreno. Tra parentesi avevano l’affare concluso sotto prezzo, perché lei che cosa voleva fare, prendersi questi soldi di questo terreno, cioè lo rubava, e pagarsi il mutuo. E avrebbe pagato tutto con i miei beni. Arrivati a un dato punto, questi sono discorsi per me non onesti perché le persone soffrono come vogliono, ma va bene così, ognuno poi risponde con la propria dignità delle cose che fa, nel bene e nel male. E allora che cosa ho fatto, l’ho contattata, con una lettera, e gliel’ho firmata, non con pseudonimi, firmato proprio con Matteo Messina Denaro, perché io credevo di essere nella ragione dei fatti». Il super boss ha poi confermato di aver avvicinato anche i compratori sulla vicenda dell’estorsione: «Allora, voglio chiarire: se fosse stata Biancaneve a parlare con questi che stavano comprando la terra, si sarebbero fatti una risata. Quindi per forza dovevo essere io».

L’ex superlatitante aggiunge rispondendo alla domanda se avesse dei soprannomi (U siccu e Diabolik, tra gli altri) : «Mai, me li hanno attaccati da latitante i vari giornalisti, ma io nella mia famiglia non ho avuto soprannomi». Nel merito delle contestazioni e delle domande sui suoi rapporti con gli altri capimafia il padrino o in videoconferenza dal carcere dell’Aquila con il gip di Palermo Alfredo Montalto e i pubblici ministeri Giovanni Antoci e Gianluca De Leo non concede nulla. «Voglio rispondere, ma le risponderò su tutto quello che compete la mia persona, sul resto non mi interessa rispondere». Il padrino, anche da malato, resta fedele al suo tragico personaggio.

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