Psoriasi: il futuro della ricerca parte da un microbiota non alterato e dagli studi sullo stress
L’efficacia di molte terapie termali su malattie della pelle come la psoriasi, anche se limitata nel tempo, è dimostrata da moltissimi anni, ma oggi, grazie agli studi sul microbiota, si comincia a conoscere l’importante ruolo che nella cura giocano i batteri. In particolare, pur restando fondamentale la composizione chimica e la temperatura di certe acque termali, si pensa che molto del potere curativo potrebbe essere dovuto all’interazione dei batteri contenuti in quelle acque con i batteri delle lesioni cutanee.
I risultati al Congresso della Federazione Mondiale del Termalismo
È il caso della psoriasi, malattia infiammatoria della pelle, e delle acque di Comano Terme (Trento), di cui si è parlato al 73/o Congresso della Federazione Mondiale del Termalismo (Femtec), svoltosi a Castel San Pietro Terme (Bologna), il cui stabilimento termale collabora a numerose ricerche scientifiche sulle proprietà terapeutiche delle proprie acque. “Ed è stata proprio la ricerca scientifica – ha commentato il presidente di Femtec, Umberto Solimene (professore all’Università di Milano) – la grande protagonista di questo congresso mondiale, cui hanno preso parte delegazioni di 24 Paesi, dedicato al tema del ‘Termalismo nelle società in cambiamento'”.
Quanto alla psoriasi e all’attività terapeutica dell’acqua termale, gli studi frutto della collaborazione dell’Istituto Mattei con il Dipartimento di Biologia cellulare, Computazionale e Integrata (Cibio) dell’Università di Trento, hanno permesso di rilevare che “l’acqua termale di Comano usata per le cure, non essendo purificata per essere resa potabile, contiene un microbiota non alterato, composto – ha precisato Olivier Jousson del Cibio – da 250 specie batteriche, di cui il 40% ignote fino a questo momento. Molte specie sono state isolate in coltura pura e hanno dimostrato di avere proprietà immunomodulanti, alcune antinfiammatorie, altre proinfiammatorie”. Scopo del prossimo lavoro – ha concluso Jousson – sarà dimostrare come l’efficacia della cura termale sia determinata, nell’interazione tra il microbiota dell’acqua termale e quello della lesione psorisiaca, dal prevalere dei batteri dell’acqua, con proprietà antinfiammatorie.
Psoriasi: in Italia un milione e 400mila persone con questa patologia
Secondo gli ultimi dati raccolti, nel mondo vi sarebbero circa 60 milioni di persone affette da questa patologia di cui circa 1,4 milioni solo in Italia. Tra questi, dichiara l’IFPA (International Federation of Psoriatic Disease Associations) un quarto presenta segni di depressione, e il 48% disturbi d’ansia. Numeri particolarmente preoccupanti soprattutto se si considera che questi “sottostimano ampiamente il problema” come specifica anche l’IFPA, poiché provengono solo dal 19% dei Paesi che oggi raccolgono dati epidemiologici sulla psoriasi. “Una patologia con la quale è difficile convivere perché, oltre ad essere caratterizzata da fastidiosi sintomi (dal dolore articolare e il prurito cutaneo) non guarisce e, se non trattata adeguatamente, tende a ripresentarsi in forme anche peggiori”, spiega Paolo Misericordia, Medico Chirurgo specializzato in Endocrinologia e Responsabile Centro Studi e Area ICT di FIMMG, nonché tra i docenti del corso ECM di Consulcesi, che si unisce all’appello dell’IFPA invitando a riconoscere “la salute mentale come una parte significativa della vita con la malattia psoriasica”. Fattori come lo stress, infatti, possono contribuire notevolmente all’esacerbazione della malattia. “Eventi stressanti possono essere responsabili dell’insorgenza della patologia e/o innescare nuove reazioni cutanee. A loro volta, i sintomi fisici sono sia fisicamente che emotivamente stressanti e possono portare a privazione del sonno, stanchezza ed effetti negativi sul benessere psicologico”, aggiunge l’esperto. Il risultato? Una prima indagine globale sul tema della felicità nelle persone affette da psoriasi ha riportato che il 54% degli intervistati sperimenta un livello di stress e ansia superiore alla media, scrive l’IFPA. Sebbene oggi grazie a nuove terapie, farmaci locali e sistemici, è possibile ‘spegnere’ quasi tutte le forme della patologia, come sottolineano anche gli esperti nel corso, “ancora troppi casi vengono ‘trascinati’ nel tempo, di specialista in specialista, prima di giungere ad una gestione pressoché ottimale della condizione”.