Eutanasia, Cappato si autodenuncia e invita altri ad aiutarlo nei viaggi della morte

26 Nov 2022 13:49 - di Luciana Delli Colli
cappato

Marco Cappato si è recato presso la caserma di via Fosse Ardeatine a Milano per denunciarsi dopo aver accompagnato in Svizzera per il suicidio assistito il signor Romano, l’82enne residente a Peschiera Borromeo, affetto da una grave forma di Parkinson e non tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale. Si tratta della stessa caserma in cui lo scorso agosto Cappato si è autodenunciato per aver accompagnato in Svizzera la signora Elena, 69enne veneta malata terminale di cancro, e dove cinque anni fa si è presentato per il caso di dj Fabo, Fabiano Antoniani, un suicidio assistito che ha dato il via alla discussione sul fine vita. Cappato era accompagnato dall’avvocato Filomena Gallo.

Cappato si autodenuncia a Milano

Il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni rischia ora una nuova accusa come quella formulata nei suoi confronti dopo il caso della signora Elena: aiuto al suicidio. Accusa rispetto alla quale, come spiegato da lui stesso, non ha «a tutt’oggi ricevuto alcuna comunicazione sull’eventuale o meno rinvio a giudizio da parte del Tribunale di Milano». «Sono stato interrogato, ma a oggi non c’è nessun atto o comunicazione, nessuna decisione», ha chiarito, aggiungendo poi dettagli sul colloquio odierno con i carabinieri. «Ho raccontato quello che è accaduto, qualcosa che potrei definire una trappola micidiale che si stava stringendo attorno a Romano. Una trappola micidiale che ci parla di una violenza di Stato che è l’effetto delle contraddizioni della legge italiana oggi», ha sostenuto Cappato, aggiungendo che questa trappola sarebbe il fatto che Romano stava per «acquisire il quarto criterio della Corte Costituzionale (la dipendenza dal trattamento di sostegno vitale, ndr) e allo stesso tempo per perdere la capacità piena di intendere e di volere, che è condizione indispensabile per ottenere l’aiuto alla morte volontaria».

Già programmati altri viaggi della morte. Cappato: «Altri mi aiutino»

Cappato, inoltre, ha annunciato che «con l’associazione Soccorso civile, della quale sono responsabile legale, ci siamo già impegnati ad aiutare altre persone. In particolare, una di loro che già nel mese di dicembre ha appuntamento sempre in “esilio della morte”. Ci siamo presi l’impegno di aiutarlo, le persone che ci contattano sono sempre di più». «A questo punto devo chiedere aiuto, chiedere a coloro che se la sentono di assumere questa responsabilità» di esercitare un’azione di «disobbedienza civile», ha proseguito Cappato, parlando di «un invito esplicito ad aiutarci con tutti i modi possibili, sia riguardo a ciò che oggi è legale, sia su ciò che lo Stato italiano non ha ancora riconosciuto legale». Il tesoriere della Luca Coscioni, quindi, è tornato a puntare l’indice contro il silenzio della politica e a chiedere «allo Stato  di assumersi le proprie responsabilità».

Antoniozzi: «Non esiste un diritto assoluto a somministrare la morte»

«L’argomento del fine vita è delicato e attiene a sentimenti complessi, etici, personali, religiosi. L’ultima provocazione di Marco Cappato, che ha accompagnato un paziente parkinsoniano all’estero per l’ennesima eutanasia, è eccessiva», ha commentato ieri il vice capogruppo di FdI alla Camera, Alfredo Antoniozzi. Una definizione, quella di «provocazione» rifiutata da Cappato, nonostante l’ammissione di voler suscitare, con le sue azioni, una reazione della politica e dello Stato. «Credo che la sofferenza estrema di persone come Romano ci imponga di guardare al contenuto e non allo stile», ha detto oggi il radicale, aggirando il fatto che proprio di sostanza parlava Antoniozzi.

Sull’eutanasia serve un dibattito senza «assolutismi positivistici»

«Abbiamo ribadito, come lo ha fatto la Chiesa – ha detto infatti l’esponente di FdI – il diritto inalienabile a lenire la sofferenza di ogni persona, la contrarietà assoluta all’accanimento terapeutico, il diritto alle cure palliative. Pensare, però, che esista un diritto assoluto a “somministrare” la morte è sbagliato, secondo i principi umanistici da cui deriviamo». Dunque, «attenzione a una deriva che porti a legittimare l’eutanasia come forma sostitutiva di suicidio cui non aderiremo mai. La Consulta – ha concluso – ci chiede di esprimere una legge che deve interessare il Parlamento senza assolutismi positivistici, che non fanno parte del nostro patrimonio etico».

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