A “Non è l’Arena” le testimonianze dei lavoratori della Karibu che inchiodano Soumahoro: “Sapeva tutto”

28 Nov 2022 13:30 - di Stefania Campitelli

Brutte notizie per Aboumakar Soumahoro mentre cresce l’imbarazzo di Verdi e Sinistra per l’incauta candidatura dell’eroe ivoriano dei braccianti. L’affaire delle cooperative (Karibu e Consorzio Aid) gestite dalla moglie e suocera del neoparlamentare si ingrossa. Domenica sera Non è l’Arena su La7, che si è occupata del caso, ha raccolto una serie di testimonianze di alcuni collaboratori della cooperativa. Che inchioderebbero lo stesso Soumahoro, che ha sempre dichiarato di non conoscere a fondo la situazione del centro.

A non è l’Arena lo scandalo della cooperativa Karibu

A volte non c’era l’acqua calda, i termosifoni non funzionavano, non c’era gas, non c’era corrente“. È il racconto di uno dei testimoni sulle pessime, talvolta disumane, condizioni in cui vivevano i migranti accolti dai familiari di Soumahoro.  “I ragazzi, i minori quando si svegliavano non c’era latte per fare colazione. I ragazzi dovevano mangiare fuori e tornavano solo per dormire“. Sono le parole di un uomo che dichiara di aver lavorato con  la Karibu due anni, senza contratto e senza stipendio. Una donna ha invece raccontato il dramma dell’estate del 2018: “Fu veramente difficilissima perché lì ci furono dei ritardi veramente importanti. Avevo delle difficoltà incredibili“. In quell’occasione la coop pro migranti disse “che la Prefettura aveva dei ritardi e che anche loro si ritrovavano in difficoltà“.

Le testimonianze che inchiodano Soumahoro: sapeva tutto

Poi c’è la testimonianza su Soumahoro. “Lui sapeva benissimo tutto quello che stava succedendo, conosce tutta la situazione di ogni casa“. E si è lasciato andare a una risata quando ha visto l’italo-ivoriano con gli stivali davanti alla Camera: “Quello che ho fatto adesso l’ho fatto quella volta, ho riso. Si vedeva che era una pagliacciata“.

Tutti i finanziamenti non dovuti: 1 milione di euro per i profughi

Sul fronte dell’inchiesta aperta della procura di Latina intanto emergono nuovi particolari sui finanziamenti pubblici ricevuti dalla Karibu.  L’associazione presieduta da Marie Thérèse Mukamitsindo, suocera di Soumahoro, vinse il bando nel lontano 2011. Con un incarico valido fino al 2013. Subito dopo venne rinnovato per un ulteriore triennio, con la determina 22 del 27 febbraio 2014. Da quel momento la Karibu ha lavorato senza più presentare documentazione. Né partecipare a ulteriori bandi. Ma solo grazie al rinnovo delle proroghe di volta in volta. Nel 2018 la scuocera del deputato viene addirittura premiata come “Imprenditrice immigrata dell’anno”.

Il business dei rifugiati in fuga da Kiev

Ma dietro i premi si nascondevano problemi economici. Il 27 novembre del 2018, con il decreto ingiuntivo n.2308/18, emesso dal Tribunale di Latina, si chiedeva il pagamento di 139mila euro entro 10 giorni. Un pagamento mai avvenuto. Che ha portato al pignoramento di tutti i crediti che l’associazione vantava con Ministero dell’Interno, Regione Lazio, Comune di Latina, Comune di Sezze e tre banche italiane. In pratica, da quel momento la Karibu non avrebbe più potuto ricevere fondi pubblici. Così dopo 10 anni di finanziamenti ministeriali ottenuti senza bando, per i fondi anti-caporalato si scelse un’altra associazione. Nonostante la Karibu  avesse presentato l’offerta economica più vantaggiosa. A quel punto la cooperativa ‘umanitaria’ sposta la sua attività sui profughi di guerra provenienti dall’Ucraina. L’ultimo, proprio lo scorso aprile. Quando l’associazione avrebbe ricevuto un milione di euro per l’assistenza ai rifugiati ucraini.

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