“Perché non si può dire brigate?” A Grillo arriva il soccorso rosso degli ex di Prima Linea

4 Ott 2022 18:11 - di Lorenza Mariani
brigate

A difendere Beppe Grillo e la sua trovata sulle “Brigate di cittadinanza” sono rimasti giusto gli ex di Prima Linea. Come l’ex dirigente Sergio D’Elia, che commentando all’Adnkronos il dibattito acceso sul garante del M5S dopo la sua chiamata a rapporto ai percettori del reddito sollecitati ad arruolarsi nel battaglione civico per mettersi a disposizione della “comunità”, dichiara: «Nella tradizione operaia c’erano le brigate del lavoro. Nell’esercito ci sono le brigate. E non è che il termine non si usa perché richiama le brigate rosse. Io non mi sento di criminalizzarlo per l’uso di una parola in un contesto totalmente diverso, se non opposto, a quello a cui si fa riferimento».

Grillo rispolvera il termine “brigate”, l’ex Prima Linea D’Elia: «Non criminalizzo Grillo»

Eppure, è indubitabile che l’operazione terminologica – e non  solo – a cui mira Beppe Grillo, ormai sprofondato nel cliché del ribelle a tutti costi – compreso a scapito degli italiani – quel “riciclo” e quella “riformulazione” del termine “brigate” declinato al controverso schema del Reddito di cittadinanza, ha scatenato dubbi e recriminazioni legittime quanto argomentate. Sia perché in un momento profondamente difficile come quello che sta attraversando il Paese, parlare di Brigate è intimidatorio oltre che irresponsabile. E anche perché, è inutile negarlo, per quella che è la nostra storia, il rimando agli anni del terrorismo, non solo è immediato, ma anche inevitabile.

E sulle polemiche l’ex terrorista Segio la butta addirittura sul “risibile”…

Eppure, per D’Elia, «Brigate è un termine che indica una forma di aggregazione certo. È un termine militaresco… Ma da qui a definirlo terroristico ce ne passa». Non solo. Anche l’ex terrorista Sergio Segio, tra i fondatori di Prima Linea, si dice sorpreso. Quasi esterrefatto per la reazione all’uscita di Grillo. E sempre all’Adnkronos, a sua volta rileva: «Mi sembra francamente una questione un po’ risibile. Esistono anche le “brigate per la pace”. Non capisco davvero, se non la pretestuosità di una polemica al riguardo. Però non mi interessa, sono riferite a un passato così lontano…e io da decenni mi interesso di altro».

La vedova Dionisi: «Grillo e brigate? Studi la storia, ci sono troppi morti per scherzare»

Sta di fatto che, comunque la si pensi, l’operazione di Grillo non può considerarsi estranea un vissuto e a un contesto attuale in cui sarebbe più opportuno muoversi con più responsabilità e meno irruenza, sia verbale che politica. Così, al di là di esegesi sociali e analisi linguistiche, la risposta al leader pentastellato e allo sconcerto degli ex di Prima Linea arriva nella sua forma più compiuta ed esauriente Mariella Magi Dionisi, vedova dell’appuntato Fausto Dionisi, ucciso nel 1978 a Firenze durante un fallito tentativo di alcuni militanti di Prima Linea che volevano far evadere alcuni detenuti dal carcere delle Murate

«Grillo in questo caso ha perso un’occasione per stare zitto»

La Dionisi, infatti, sempre all’Adnkronos, e in veste di presidente dell’Associazione “Memoria” dei Caduti per fatti di terrorismo, commentando le parole dal garante del M5S, prima sottolinea: «Dovrebbe studiare di più la storia degli anni ’70-’80-’90. Abbiamo lasciato sulle strade troppi morti per poterci scherzare sopra». Poi conclude netta: «Grillo in questo caso ha perso un’occasione per stare zitto». Insomma, al di là di ripescaggi, disquisizioni, salvataggi e bocciature, al garante a cinque stelle non resta che riflettere e contare prima di tuonare sulla ribalta con parole inaccettabili e rimandi sconcertanti che non fanno altro che alimentare tensioni sociali e rinfocolare le polemiche

 

 

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