Ora il «partito di Bibbiano» pretende le scuse. Di Maio rischia di non candidarsi neppure nel Pd
I guai – recita un vecchio adagio – non vengono mai da soli. Lo sta imparando a proprie spese anche Luigi Di Maio, passato nel giro di una settimana da fondatore di un gruppo di oltre 60 parlamentari a mendicante in cerca di un collegio elettorale da strappare. In pochi giorni gli è caduto il mondo addosso: le dimissioni di Mario Draghi, l’avvitarsi della crisi, il precipizio delle elezioni anticipate e, infine, l’intesa Letta-Calenda che ha scavato un fosso sotto i piedi di Di Maio e dei dimaiani. Nessuno di loro correrà in un collegio uninominale. Uno strapuntino lo strapperà solo Giggino, ospite delle liste del Pd. Ironia della sorte, dal Nazareno glielo hanno comunicato all’indomani della presentazione in pompa magna del simbolo del nuovo partito, con l’ape e il cognome Di Maio nel logo.
Il segrerio locale dei dem: «La nostra comunità attende»
Fine dei patemi? Macché, erano appena cominciati. E sì perché – è storia di queste ore – la notizia della candidatura nel Pd ha finito per rimettere in circolo vecchie tossine e rancori mai sopiti. «Da Di Maio la nostra comunità si aspetterebbe ancora delle scuse», fa sapere, ad esempio, Stefano Marazzi. È il segretario Pd di Bibbiano, comune emiliano noto alle cronache per l’inchiesta Angeli e Demoni sui presunti affidi illeciti nella Val d’Enza che portò all’arresto anche il sindaco dem. La vicenda risale al giugno del 2019, quando l’attuale ministro degli Esteri era leader del M5S e vicepremier. In un video prodotto all’indomani dell’avvio dell’inchiesta, Di Maio assunse il famoso impegno, rimasto anch’esso disattesa come tanti altri: «Mai col partito di Bibbiano».
Di Maio al bivio tra poltrona e faccia
Che, manco a dirlo, è proprio il Pd della gentile offerta dello strapuntino di cui prima. Non che il diretto interessato l’avesse dimenticato. Semplicemente s’illudeva che a ricordarglielo fossero gli avversari del centrodestra o i rancorosi colleghi 5Stelle. Invece ci hanno pensato proprio i nuovi compagni del Pd. Vatti a fidare. “Ci mancava solo questo“, avrà pensato Di Maio. E dire che ha scritto un libro appositamente per chiedere scusa a mezzo mondo. Ma aveva dimenticato il Pd di Bibbiano, che ora si fa avanti: «No scuse, no candidatura», sembra avvertire Marazzi. Ma tutto sommato non è una scelta difficile: già, la faccia, Giggino, l’ha perduta da un pezzo.