La litania dei sinistri: “Prendi le distanze da…”. Ma sono loro a non prendere mai le distanze da nulla
Questa campagna elettorale passerà alla storia per la fatidica frase “Meloni prendi le distande da…”. Alla leader di FdI non c’è giorno, da quando è caduto il governo Draghi, che qualcuno non pretenda di insegnarle cosa deve essere e come non deve essere. Testate giornalistiche, opinionisti e sinistra tutta si passano il testimone quotidianamente. “Prendi le distanze da”. Letta e Di Maio le chiedono di prendere le distanze da Putin e dal fascismo. Laura Boldrini le intima di togliere la ‘Fiamma ‘dal simbolo di FdI. Chiedono a Salvini di prendere le distanze da Mosca; a Berlusconi di prendere le distanze da Salvini e Meloni. E’ tutto un rimpiattino di pretese verso qualunque esponente del centrodestra. Gli unici che non prendono le distanze mai da niente – e pure di cose imbarazzanti ci sono- sono loro. Fa ridere che il manistream corrente non chieda di fare altrettanto a chi conserva memorie vetero-comuniste. E anche molto esposte.
Nessuno chiede alla sinistra di prendere le distanze dal comunismo
Non è passato molto tempo dai pugni chiusi e dall’inno dell’internazionale comunista esibiti al congresso di Leu, il partito di Speranza, che pure fa il ministro, è un uomo delle istituzioni. Gesti del comunismo più esplicito. Era l’aprile scorso. Nessuno ha mai chiesto a lui e al suol partito di riporre in soffitta questo armamentario ideologico. Nessuno ha mai chiesto a esponenti Pd di prendere le distanze dai centri sociali e dagli antagonisti in maniera esplicita e forte. Le donne di sinistra non sembrano particolarmente solerti nel prendere le distanze dagli insulti quotidiani riservati a Giorgia Meloni da molto tempo. Di Maio non prende le distanze dal sottosegretario Manlio Di Stefano, ora con lui in Impegno civico, che pure postava video anti-Nato e anti-Kiev. E potremmo andare avanti in una noiosa rassegna. Non scherziamo, a prendere le distanze da tutto questo armamentario dovrebbero essere tutti questi lorsignori. Ma il “colpo” più duro lo sferra – intervistato da Libero, dal direttore Senaldi – Paolo Mieli.
Paolo Mieli: “C’è un nucleo nel Pd ancorato agli ideali della rivoluzione d’ottobre”
Lo scrittore, storico ed editorialista del Corriere della Sera ha fatto un’osservazione molto illuminante su cosa siano il Pd, la sinistra e lo zoccolo duro della base. Uno pensa che tutto dipenda da Letta e invece il segretario non ha le mani libere, per così dire: «La realtà è che Letta nel Pd comanda per modo di dire – rileva l’editorialista-. Io ho sempre presente la sua grande amicizia con Filippo Andreatta. Questo Pd gli corrisponde poco. Perché comanda ancora un nucleo che ha le proprie radici culturali nella storia e negli ideali della rivoluzione d’ottobre». Mieli è uno storico e non scende certo sul terreno della presunzione di certa sinistra di chiedere al Pd, a Fratoianni o a Speranza di prendere le distanze da questo “nucleo”. Fa un ragionamento e prende atto di alcune cose.
Antiamericani: nostalgici del comunismo: “La base Pd è lì che va a parare”
Senaldi salta con i piedi sul piatto e gli chiede: “Quindi antiamericani, nostalgici di Lenin e antisionisti in lista non sono un incidente? «Chiunque conosca la base del Pd – risponde Paolo Mieli – sa che essa, dopo aver creato la bad company dello stalinismo, continua sostanzialmente a ragionare come un tempo. I giovani che sono stati presentati a Letta per essere candidati come capilista non somigliano a quelli come Filippo Andreatta che lui frequentava a trent’anni; ma a quelli dell’antica Federazione Giovanile Comunista. La sensibilità diffusa della sinistra alla fine è lì che va a parare». Quindi ci sono molti “nostalgici” nel Pd. «Per me sì, sono una componente robusta e sostenuta da un mondo intellettuale molto vasto». E aggiunge. “Parliamo di maestri di dissimulazione, che si mettono un vestito che li rende formalmente adatti ai tempi. Possono anche decidere tatticamente di consegnarsi nelle mani di Renzi o di Letta per un giro, ma la loro natura non cambia». Già, perché con loro nessuno osa pronunciare la fatidica frase: prendete le distanze.