Da “Repubblica” delirio senza ritegno. I casi sono due: o Molinari non c’è o, se c’è, è sambuca

28 Lug 2022 17:02 - di Marzio Dalla Casta
Repubblica

Non spacca certo il capello in quattro Repubblica mentre porta avanti il suo tentativo di demolizione/demonizzazione della destra italiana e della sua leader Giorgia Meloni. Soprattutto non ha alcun ritegno a sfondare la barriera del ridicolo. Per la serie “noi sì che stiamo sul pezzo“, la sua penna più antifa, Paolo Berizzi, si è infatti inerpicata fino al 1942 onde ricicciare un Giorgio Almirante in veste di redattore di Difesa della Razza, cioè non proprio fresco di giornata. Che volete… Tutto fa brodo di questi tempi elettorali, persino qualche pezzo rancido di ottant’anni fa. Il resto lo ha fatto poi la Meloni, definendo Almirante «un patriota d’altri tempi». Il che, per quel quotidiano, equivale a una laica bestemmia.

Repubblica mescola Almirante, Orbàn e Meloni

Fatto sta che dal giovane antisemita del ’42 Berizzi si è catapultato ai giorni nostri per fiondarsi su Viktor Orbàn, che solo tre giorni fa aveva detto «non mescoliamoci con altre razze». E qui il filo nero comincia a dipanarsi fino ad avvolgere nelle sue spire la stessa Meloni, discendente politica del leader missino e alleata del premier ungherese. Razzisti i primi due, razzista anche la terza. Non c’è due senza tre, sembra insinuare Berizzi. Ma è operazione, la sua, tanto stupida quanto incauta. Evidentemente ignora (o finge di ignorare) che il suo stesso metro di giudizio porterebbe a bollare la stessa Repubblica come un covo di ex-ardenti antisemiti. Nel suo nucleo fondatore se ne contano almeno tre: Eugenio Scalfari, Giorgio Bocca ed Enzo Forcella.

Gli articoli incomprensibili di Furio Colombo

Già, ci potremmo divertire un mondo a riportare brani dei loro entusiastici articoli in favore del “mito della razza o dell’obiettivo di «discriminare gli ebrei» a vantaggio degli «ariani» per impedire a questi ultimi di diventare «schiavi» dei primi. Ma confidiamo che il suo finissimo fiuto di segugio antifascista, gli consentirà di trovare da solo la pista che lo condurrà al cospetto dei suoi colleghi in camicia nera. E visto che ci siamo, gli consigliamo di portare con sé quel Furio Colombo autore di un articolo («Promesse da faccetta nera»), di cui non si capisce né titolo né contenuto (praticamente un tubo), probabilmente poiché vergato – direbbe Fortebraccio a Saragat – «ad un’ora pericolosamente tarda del pomeriggio». A conferma che di Molinari, a Repubblica, non c’è solo il direttore.

 

 

Commenti

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  • giovanni romini 29 Luglio 2022

    Basta,non se ne può più.Ero un assiduo lettore di REPUBBLICA ma visto la stupida conduttura di quanto viene scritto,ho deciso che giornali come questo non si possono più acquistare.Mi domando cosa servono i direttori,leggono gli articoli propagandistici che vengono pubblicati???Penso di no.RITORNERO’ A LEGGERLO QUANDO POTRO’ CAPIRE CHE SI E’ TORNATI AD UN GIORNALE SERIO COME LO ERA IN PASSATO.