Si alla famiglia, no al gender: la lettera del vescovo di Verona agita sinistra e preti rossi

21 Giu 2022 18:26 - di Bianca Conte
lettera vescovo di Verona

La lettera del vescovo di Verona mette in subbuglio sinistra e preti rossi. Quelle righe che Monsignor Zenti ha indirizzato al clero diocesano, testualmente «a tutti i presbiteri e diaconi», hanno destabilizzato la comunità cattolica veneta e messo in allarme i religiosi progressisti a pochi giorni dal ballottaggio. L’Alto prelato, che nella missiva affronta i temi dell’accoglienza degli stranieri, della famiglia «voluta da Dio», che fa riferimento alle problematiche inerenti dalla scuola all’inclusione, tutto quello che è presenta nell’agenda di politica amministrazione locale, ha letteralmente scatenato una levata di scudi a sinistra. Per 2 motivi soprattutto: la tempistica scelta (la lettera è datata 18 giugno, a ridosso dai ballottaggi in calendario per domenica prossima, 26 giugno). E, soprattutto, per il richiamo implicito che il monsignore rivolge ai destinatari in abito talare a non votare candidati che sostengano l’ideologia gender. E, più in generale, ciò che contraddice i valori cristiani.

La lettera del vescovo di Verona, Monsignor Zenti, mette in subbuglio sinistra e preti rossi

O meglio. Nella missiva, che il sito de L’Arena pubblica integralmente, leggiamo: «Approfitto dell’occasione anche per chiarire un nostro coinvolgimento in occasione di elezioni politiche o amministrative, soprattutto in considerazione delle ricadute dei nostri interventi sui fedeli. Come scriverò su Verona Fedele – prosegue Monsignor Zenti – compito degli ordinati non è mai quello di schierarsi per un partito o per una persona. Ma quello di segnalare eventuali presenze o carenze di valori civili con radice cristiana». E questo è il punto: il fulcro delle recriminazioni, rivolte però a chi, per ruolo e “dovere d’ufficio” prima ancora che per convinzioni personali dettate dalla fede o dalla ragioni di opportunità politiche, non può non sostenere quello che il vescovo di Verona sostiene e rilancia.

Nella missiva il richiamo ai valori civili con radice cristiana su famiglia, gender, aborto, eutanasia

Ossia: «Concretamente», prosegue la lettera del Monsignore, «nelle varie tornate elettorali, di qualsiasi genere, è nostro dovere far coscienza a noi stessi e ai fedeli di individuare quali sensibilità e attenzioni sono riservate alla famiglia voluta da Dio e non alterata dall’ideologia del gender. Al tema dell’aborto e dell’eutanasia. Alla disoccupazione, alle povertà, alle disabilità, all’accoglienza dello straniero. Ai giovani. Alla scuola cattolica, a cominciare dalle materne. Queste sono frontiere prioritarie che fanno da filtro per la coscienza nei confronti della scelta politica o amministrativa». Una posizione cristallina. Che è poi quella che ci si deve aspettare da un religioso convinto e rispettoso dei precetti della dottrina. Che poi questo coincida con l’orientamento di un candidato in lizza per la carica di sindaco di Verona, piuttosto che con l’altro, è pleonastico. E la canizza sollevata intorno non fa altro che svilire profondità di temi e solennità di accenti.

Lettera del vescovo di Verona, la riflessione su temi alti diventa una disputa da sezione di partito

Non possiamo sapere, ad oggi, se e come la lettera che il Monsignore, prossimo alla pensione, ha riservato ai confratelli della diocesi influirà sui fedeli in veste di elettori chiamati alle urne domenica. Ma «mantenete il buon senso», è comunque la conclusione della lettera del Vescovo. Buon senso che sembra essere perso sulla strada delle polemiche e dei malumori a sinistra, “preti rossi” compresi. E, ancor di più, da parte di chi, tra i prelati, ha alimentato la discussione, trasformandola in una disputa ideologica decisamente più simile a un dibattito da sezione di partito, che a un confronto tra uomini di fede. Così, c’è stato chi, come Don Massimo Biancalani, il parroco pro-migranti della arcinota chiesa di Santa Maria Maggiore di Vicofaro, all’Adnkronos ha prevedibilmente commentato: «Siamo davanti a una intromissione. Da parte del vescovo c’è stato un approccio ideologico e invece le questioni andrebbero affrontate col dialogo, non con la clava».

La lettera di Monsignor Zenti divide i confratelli: i pro e i contro

O come Don Giulio Mignani, sacerdote ligure progressista, che ha bollato l’intervento di Monsignor Zenti come «totalmente inopportuno». Invocando contestualmente l’intervento dei vertici. Fino a Don Jacopo De Vecchi, che sulle prime aveva pensato persino ad una lettera petizione con raccolta di firme per prendere le distanze da Zenti. Ma poi ha pensato di soprassedere commentando: «Una cosa così si desidera solo dimenticarla». Su posizioni diametralmente opposte, e dunque a sostegno del Vescovo, si è espresso invece il sacerdote beragamasco Don Ermanno Caccia.

La replica di Don Caccia e Don Biancalani

Il quale, dopo aver replicato a Don Biancalani: «Altro che uscita improvvida, don Giuseppe Zenti è probabilmente l’unico vescovo ad avere avuto il coraggio di tenere il filo conduttore della Chiesa. Ha detto: attenzione Pastori, date indicazioni sul nostro credo!». Sottolineando: «La stanno buttando sul fatto che lui parteggi per Sboarina (candidato sindaco di centrodestra). Ma mi sembra che non abbia mai fatto mancare le sue “attenzioni”, anche in passato. Il suo è stato un intervento leale nei confronti della nostra ortodossia». Concludendo emblematicamente: «Un Pastore vicino alla gente deve scuotere le coscienze. Il vescovo Zenti è stato coraggioso».

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