Trieste, uccise agenti in Questura: assolto per vizio totale di mente. Il padre di una vittima: “Uccisi due volte”

7 Mag 2022 13:18 - di Redazione
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All’indomani dell’assoluzione di Alejandro Stephan Meran, che il 4 ottobre del 2019 uccise i poliziotti Pierluigi Rotta e Matteo Demenego e ne ferì altri sette all’interno della Questura di Trieste, Fabio Demanego, padre di Matteo, affida la sua rabbia a un post su Facebook. «Spero che tutti gli attori che hanno permesso questa farsa vergognosa, partendo dai giudici, non abbiano mai bisogno dell’aiuto della polizia. Mi auguro – ha scritto l’uomo – che quando vi troverete davanti l’agente pronto ad aiutarvi vi ricordiate dei “Figli delle stelle” e proviate vergogna. Credetemi se vi dico che mi vergogno di essere italiano».

Uccise 2 agenti in Questura a Trieste: assolto per «vizio totale di mente»

I giudici della Corte d’assise di Trieste hanno assolto Meran perché lo hanno considerato non imputabile per «vizio totale di mente». Per il 32enne sudamericano, quindi, hanno disposto il trasferimento dal carcere di Verona in una Rems, una residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza dove dovrà restare per 30 anni, vista la pericolosità e la necessità di cure specifiche. La decisione ha accolto la richiesta della Procura, che a sua volta ha fatto propria quella dei difensori di Meran.

I tentati omicidi furono sette

L’uomo, accompagnato dal fratello, quel giorno si trovava in Questura per rispondere del furto di uno scooter. Spaventato e alterato chiese di andare in bagno, quindi riuscì a impossessarsi della pistola d’ordinanza di Pierluigi Rotta, 34enne originario di Pozzuoli, e gli sparò tre volte. Poi fece fuoco quattro volte contro l’agente scelto Matteo Demenego, 31 anni originario di Velletri, intervenuto per soccorrere il collega. Successivamente sparò ancora e ferì altri agenti (sette i tentati omicidi nel capo di accusa) nel tentativo di fuga che finì a pochi passi dall’uscita della Questura.

La perizia psichiatrica che ha decretato l’assoluzione

Secondo una perizia psichiatrica, Meran, che già nel 2018 era stato sottoposto a un ricovero psichiatrico in Germania, ma che era comunque libero di muoversi e agire, «era, all’epoca dei fatti e a tutt’oggi, affetto da schizofrenia, di gravità severa, con episodi multipli». Quando ha agito, quindi, l’ha fatto «all’interno di una condizione mentale caratterizzata da un delirio persecutorio, di pregiudizio e di onnipotenza, ponendosi in nesso di causalità diretto con la patologia psicotica in atto e tale da escludere totalmente la capacità di volere».

Il padre di Demenego: «Mi vergogno di essere italiano»

Nel suo post, il padre di Demenego ha ricordato che prima della perizia che ha portato al verdetto, definito «vergognoso», Meran era stato sottoposto a un’altra perizia, «svolta da un pool di periti che dichiarava l’imputato processabile». «Ma il giudice – ha proseguito l’uomo – ha ritenuto opportuno chiederne una seconda effettuata due anni dopo da una sola persona. Quest’ultima dichiarava l’assassino non imputabile perché incapace d’intendere e di volere». «“Assolto”, questa parola ha ucciso per la seconda volta Matteo e Pierluigi, i “Figli delle stelle”», ha quindi aggiunto Fabio Demenego, che si è rivolto ai rappresentanti delle istituzioni con un ammonimento: «Se avete un po’ di pudore non ci cercate più».

Lo sconforto e la rabbia dei sindacati di polizia

Ma all’amarezza della famiglia, si è unita anche quella dei sindacati di polizia, tra i quali è stato un coro unanime di parole durissime: «Pietrificati e sconvolti dal dolore», si sono detti i rappresentati del Siap; «Un ulteriore segnale negativo», ha detto il Coisp; «Chi porta la divisa ha sempre la peggio e non trova quasi mai risposte adeguate», è stato poi il commento del sindacato Fsp Polizia di Stato; Italia Celere ha parlato di «sentenza che getta nello sconforto»; «Dopo la tragedia, è arrivata la beffa», ha commentato il Sap. Le famiglie inoltre hanno ricevuto una chiamata del capo della Polizia, Lamberto Giannini, che pur senza entrare nel merito della decisione dei giudici, ha voluto dare loro un segno di vicinanza.

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