Monte Paschi di Siena, tutti assolti. La banca “rossa” resta il regno dei misteri e dell’impunità
Tutto da rifare, sul fronte delle truffe contabili al Monte dei Paschi di Siena, in attesa che si faccia chiarezza sulla morte di David Rossi. I giudici della corte d’appello di Milano hanno ribaltato la sentenza di primo grado e assolto gli ex vertici della banca Mps imputati nel processo su presunte irregolarità in operazioni finanziarie che, dal dicembre 2008 al settembre 2012, sarebbero servite a occultare le perdite causate dall’acquisto di Antonveneta, costata circa 10 miliardi di euro nel 2008. Assolto l’ex presidente Giuseppe Mussari (7 anni e 6 mesi in primo grado), così come l’ex dg Antonio Vigni (7 anni e 3 mesi) e l’ex responsabile area finanza Gianluca Baldassarri (4 anni e 8 mesi). Per la corte su diversi capi “le condotte si sono estinte per prescrizione”, per altre accuse “il fatto non sussiste” o “non costituisce reato”.
Assolti anche Daniele Pirondini (ex direttore finanziario di Mps), così come i manager e gli ex manager di Deutsche Bank e di Nomura. Deutsche Bank Ag, Deutsche Bank London Branch e Nomura (imputate per la legge 231) sono state assolte e sono state revocate le confische pari a 64 milioni per i tedeschi e 88 milioni per Nomura. La banca senese uscì dal processo con un patteggiamento nel 2016.
Il Monte dei Paschi di Siena e quei due miliardi di euro di perdite nascoste
L’oggetto del processo, nato a Siena, sono state le operazioni sui derivati Santorini e Alexandria, sul prestito ibrido Fresh e sulla cartolarizzazione Chianti Classico. Operazioni che secondo l’accusa sarebbero state utilizzate per nascondere perdite per oltre 2 miliardi di euro. La sentenza è stata accolta con abbracci e lacrime di soddisfazione da parte dei difensori, contrariata invece il pg Gemma Gualdi che aveva chiesto la condanna degli imputati.
Dal dispositivo letto dalla corte (presidente Angela Scalise) emerge come la prescrizione sia intervenuta per i fatti fino all’agosto 2011, mentre il fatto “non sussiste” o “non costituisce reato” per quelli successivi al centro del processo che ha portato all’assoluzione degli ex vertici di Mps ma anche di sei funzionari di Deutsche Bank (tra cui Ivor Scott Dunbar, Michele Faissola e Michele Foresti) ed ex manager di Nomura come Sadeq Sayeed, all’epoca ceo di Nomura International Plc London.
Nel mirino c’era anche l’acquisizione di Antonveneta
L’inchiesta milanese era nata dopo la decisione della procura di Siena di inviare alcuni atti di indagine nel capoluogo lombardo per competenza territoriale. Nel mirino dei magistrati Mauro Clerici, Stefano Civardi e Giordano Baggio erano finiti i derivati ‘Alexandria’ e ‘Santorini’ – il primo sottoscritto con la giapponese Nomura, il secondo con Deutsche Bank – , il prestito ibrido Fresh e la cartolarizzazione immobiliare Chianti Classico (già prescritto in primo grado). Operazioni legate all’acquisizione di Antonveneta ma che, secondo l’accusa, portarono a perdite, che sarebbero state occultate dagli imputati con l’intento di “conseguire per sé e per altri un ingiusto profitto”, secondo il capo di imputazione.
Nel processo d’appello il pg Gualdi aveva ha chiesto la condanna a 6 anni e 4 mesi per l’ex presidente della banca senese Mussari, a 6 anni per Vigni ex direttore generale di Mps, e a 4 anni per Gian Luca Baldassarri ex responsabile dell’area Finanza dell’istituto senese. Condanne inferiori rispetto al primo grado vista la prescrizione che si era abbattuta su diversi capi di imputazione. Oggi per gli imputati (banche incluse) che devono rispondere, a vario titolo, di manipolazione del mercato, falso in bilancio, falso in prospetto e ostacolo all’autorità di vigilanza è arrivata l’assoluzione piena.