Il papà del bimbo travolto dall’auto nell’asilo: “Pensarlo agonizzante mi toglie il respiro, ma ho perdonato”

20 Mag 2022 8:58 - di Greta Paolucci
auto asilo

È un esempio di fede e di umana dignità di fronte al dolore più grande che si possa provare nella vita il papà del piccolo Tommaso, il bambino travolto dall’auto che ha fatto irruzione nell’asilo dell’Aquila, provocando la morte del piccolo e il ferimento di altri bambini. Anzi, basterebbe dire che Patrizio D’Agostino, il papà del bimbo ucciso mercoledì a scuola, è un esempio: punto. E le sue parole – che la Repubblica oggi registra in un’intervista a cuore aperto – lo testimoniano dalla prima all’ultima. «È stata una fatalità, una disgrazia. La madre dei gemellini non c’entra nulla, non coviamo un senso di vendetta nei confronti di quella donna. Sarà disperata quanto noi, anche la sua vita in fondo è stata rovinata. Si vede che il Signore aveva bisogno di un angelo e ha scelto Tommaso». Eppure, come riporta il quotidiano in un rispettoso inciso subito dopo, «Patrizio D’Agostino… non smette di singhiozzare».

Auto nell’asilo, parla il papà del piccolo Tommaso

È un racconto drammatico il suo. Non solo per il dolore che trasuda ad ogni passaggio, ad ogni frammento di ricordo di quel terribile pomeriggio di appena due giorni fa. Ma anche per lo strazio della ricostruzione di quei momenti tragici che Patrizio D’Agostino e sua moglie hanno vissuto dal primo istante. Da quando, come confida lui stesso nell’intervista, intuisce che qualcosa sta succedendo. «Ero sul terrazzo di casa mia, da cui si vede l’asilo di Tommaso, il cortile esterno e i tre tendoni bianchi che fanno ombra – spiega il papà di Tommaso – quando all’improvviso ho sentito un boato, un rumore fortissimo. Saranno state le 14.30 circa, mia moglie era già a casa e anche io ero in pausa pranzo. Tommaso il mercoledì esce dopo perché ha l’ora di religione. Sentito quel rumore sono entrato in casa e ho detto a mia moglie che ero preoccupato. “Credo sia successo qualcosa all’asilo di Tommaso”. “Ma no, ma figurati, ci avrebbero avvisato, chiamato dalla scuola, stai tranquillo”. Ma io tranquillo non riuscivo a stare».

Quella terribile telefonata che cambierà per sempre la vita di una famiglia…

Inutile dire che quando Patrizio D’Agostino arriva nell’asilo dove l’auto ha appena fatto irruzione, trova l’inferno. «C’erano sirene e ambulanze che arrivavano – racconta lui stesso a la Repubblica –. Agitazione a mille. Volti provati. Ho visto una macchina nel giardino dei bambini, col muso dentro l’area giochi e la cancellata a terra. Ho sceso i 21 scalini che costeggiano la discesa, mi sono trovato davanti la maestra e le ho chiesto: “Tommaso dov’ è?”. Lei mi ha risposto: “Sta qui non si preoccupi”. “Ma cosa è successo? Si può sapere?”. Qualcuno ha risposto: “Un brutto incidente, ma dovete lasciar passare i soccorsi”. Rassicurato dal fatto che Tommaso stesse “qui” davo per scontato che non gli fosse accaduto nulla. Mia madre mi ha detto che potevo tornare a casa e che il piccolo lo avrebbe riportato a casa lei». Ma mentre si stava incamminando verso casa arriva la terribile telefonata…

Auto nell’asilo, il papà di Tommaso ha perdonato: «Abbiamo capito. Si è trattato di una disgrazia»

Oggi, al pensiero di quei terribili momenti che hanno cambiato per sempre la sua vita e quella della sua famiglia, Patrizio D’Agostino si augura solo che il suo «cucciolo sia davvero morto sul colpo. All’istante. Appena finito sotto quella macchina senza soffrire». Perché «immaginarlo agonizzante e dolente, anche solo per un minuto, mi toglie il respiro»… Il resto è la cronaca di un dolore che ha investito questa famiglia a carne viva. Un dolore che l’uomo riesce a contenere a fatica, e che lo vince in un pianto che punteggia il suo discorso, come scrive la giornalista di Repubblica con «una voce rotta dal pianto dall’inizio alla fine dell’intervista». Ma che la sua fede gli dà modo di affrontare e contenere, tanto da aver perdonato chi, senza volerlo, ne ha rotto gli argini. E da riuscire a dire, al termine di questa drammatica conversazione giornalistica: che «se la donna che ha provocato la tragedia volesse farvi visita come vi comportereste? La accetteremmo nella nostra casa. Vivrà con questo peso per tutta la sua vita ed è giusto darle un abbraccio e farle sentire che abbiamo capito. Si è trattato di una disgrazia, non di una sua volontà».

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